Castelli e il pericolo corruzione. Non è il ‘92 ma la Lega rischia. L’ex guardasigilli parla di mazzette vecchie e nuove: “Ai miei dicevo: lontano da donne e promesse di lavoro”

Intervista a Roberto Castelli

Dall’Umbria alla Calabria, dalla Lombardia al Lazio, da giorni piovono avvisi di garanzia e scattano manette. Nessun partito sembra immune al germe della corruzione e gli arresti anche di esponenti della Lega a Legnano hanno fatto riaccendere i riflettori su quella che è una piaga nazionale. Con non poche ripercussioni sui già difficili equilibri di Governo.

Onorevole Roberto Castelli, molti sono ormai i paragoni tra l’epoca di Mani Pulite e quanto sta accadendo nelle ultime settimane. Siamo davanti a una nuova tangentopoli?
Neanche per idea. Non esiste il minimo paragone e chi lo fa lo usa solo a fine elettorali. Prima c’era un sistema codificato per tutti i partiti a parte la Lega. E non perché più santi, ma perché fuori dal sistema che ha poi travolto un’intera classe politica. Oggi parliamo di episodi minori e se vediamo anche le cifre è roba da barboni, che riguardano singoli personaggi. Su alcuni parliamo poi di cose inesistenti. Uno non può finire in galera perché ha nominato una persona di sua fiducia. C’è un’esagerazione su determinati episodi.

Si aspettava però che la corruzione toccasse anche la Lega?
Leggo i giornali e non conosco le cose, ma ripeto che arrestare qualcuno perché ha nominato in commissione Pinco, persona di sua fiducia, a pochi giorni dalle elezioni, è un’esagerazione. Vi sono casi gravi come quello di Roma e quelli di Forza Italia e hanno messo insieme tutto, in notte in cui tutte le vacche sono nere, facendo un gran minestrone tra fatti isolati di corruzione grave e altri al massimo di malgoverno.

Non potrà però negare c’è il tema della questione morale c’è.
Il tasso etico degli italiani non è elevatissimo e la politica rispecchia un poco questo. Si dovrebbe tentare di elevarlo, ma mi sembra impresa abbastanza disperata.

Da ministro della giustizia come affrontò tale problema?
Io ha usato un sistema draconiano. Dicevo a tutti i collaboratori di stare lontani da donne e da chi offriva opportunità di lavoro e guadagno. E chi non soggiaceva veniva immediatamente allontanato. Nel silenzio più assoluto ne ho allontanati tanti, salvandoli da guai ben peggiori. Senza contare il pericolo grande del millantato credito. Sono rimasto sempre perplesso dalle intercettazioni in cui c’è qualcuno che al telefono fa credere chissà cosa quando in realtà non può fare niente.

E sul piano normativo?
Ormai ci sono tanti lacci e lacciuoli che la magistratura ha tutte le armi per poter combattere la corruzione. Io ad esempio sono un PEP. Sa cosa è? Una persona particolarmente esposta e quindi vengo rivoltato come un calzino, devo dichiarare tutto. Come vede dunque gli strumenti ci sono.

Fu tra i primi a entrare nella Lega, il partito del cappio sventolato in Parlamento. Si riconosce nella Lega di oggi?
L’ultimissima leva non la conosco, ma conosco tantissimi ai vertici della Lega e posso garantire che sono tutte brave persone. I famosi 49 milioni sono roba che grida vendetta. Una falsità. Non se li è fregati nessuno. Sono stati spesi per gestire il partito. Poi che qualcuno tralinei tra migliaia di amministratori ci può essere.

Pensa che vi siano maggiori rischi ora che la Lega da partito del nord è diventato partito nazionale?
Si perché quando c’è una crescita esplosiva si fa fatica a controllare chi arriva e c’è l’assalto al carro del vincitore. Questa cosa qua l’ho vissuta anche nel ’93, quando la Lega era in piena espansione ed era molto difficile controllare.

Parla di questo anche con Salvini?
No, non lo sento perché è un’altra generazione. La sua è un’altra Lega e io faccio parte della vecchia guardia. Sento tantissimi altri del partito.