Da Nord a Sud, Italia a secco. Ma a fare acqua sono le tubature: la rete idrica trattiene solo l’11% delle piogge

Siccità, da Nord a Sud, Italia a secco. Ma a fare acqua sono le tubature: la rete idrica trattiene solo l'11% delle piogge

La situazione disperata resta senz’altro quella di Roma, con lo scontro che ormai da venerdì è in piedi, tra Regione Lazio e Acea sull’opportunità di bloccare il prelievo dal lago di Bracciano. Ieri la multiutility capitolina ha fatto sapere che se la Regione ha in testa soluzioni alternative, si sarà ben disposti a trattare e a trovare una risposta differente dallo spauracchio di un razionamento per un milione e mezzo di romani. C’è da dire, però, che da Nord a Sud il caldo torrido sta facendo penare e non poco gli italiani. Per dire: il Lago di Garda è appena al 34,4% di riempimento del volume mentre il fiume Po al Ponte della Becca a Pavia a circa 3,5 metri sotto lo zero idrometrico; in Calabria in difficoltà l’ulivo con perdite medie del 35/40% e la viticoltura con circa un 15% di grappoli bruciati per eccesso di caldo e siccità; in Sardegna nel Sulcis-Iglesiente 4 mila aziende agricole sono rimaste praticamente senz’acqua a causa della siccità e degli incendi e la Coldiretti ha stimato nell’Isola una riduzione del 40% delle produzioni agricole; dighe ai minimi storici in Molise dove numerosi comuni hanno emanato ordinanze anti spreco, per salvaguardare le risorse idriche.

Insomma, una situazione disperata che, tuttavia, non deve la sua origine solo al caldo torrido delle ultime settimane. L’allarme è stato lanciato ieri dalla Coldiretti, secondo cui l’Italia resta comunque un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente cadono, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11%. Questa sarebbe una delle cause dello stato “a secco” dell’Italia in questi giorni, uno stato che – ancora secondo i dati della Coldiretti – è già costata all’agricoltura perdite per 2 miliardi e che mette a rischio la disponibilità di acqua per usi civili perché – ha sostenuto la Coldiretti – “è mancata la programmazione in un Paese che è ricco della risorsa acqua, ma che deve fare i conti con cambiamenti climatici in atto. Di fronte alla tropicalizzazione del clima – ha affermato la Coldiretti – serve organizzarsi per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi e per poi distribuirla in quelli più siccitosi”.

Piano B e decalogo – Il pericolo più grande, come detto, arriva dalla Capitale considerando cosa voglia dire il razionamento dell’acqua per una città così popolata. Lo stesso ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha parlato dell’esigenza di uno “sforzo straordinario” per trovare una soluzione per la Capitale. Secondo quanto si apprende, il “piano B” cui starebbe pensando Nicola Zigaretti, prevedrebbe di innalzare i prelievi dalle altre quattro fonti che servono la Capitale. Per arrivare ai primi di agosto, quando — notano in Regione — il fabbisogno cala e, si spera, le precipitazioni riporteranno le riserve in sicurezza. Tocca ad Acea ora dire sì. A muoversi anche la giunta di Virginia Raggi che ha promesso un decalogo di buone pratiche, come chiudere il rubinetto o non far scorrere l’acqua quando ci si lava i denti. Chissà se può bastare.