Dal lavoro alla previdenza, è la fiera delle illusioni. Severino Nappi (FI): “L’occupazione aumenta? Il dato è truccato”

Il lavoro, le tasse e le pensioni sono in cima anche all’attuale campagna elettorale. Con il solito treno di illusioni, come spiega Severino Nappi, professore di Diritto del lavoro e Responsabile nazionale Forza Italia Politiche per il Sud, oltre che ex assessore regionale al Lavoro in Campania.

Domanda. Berlusconi ha detto no al Jobs Act.
Risposta. “Il Jobs Act è un fallimento. Il risultato? Una serie di contratti precari. Meglio di niente, certo, ma ogni anno 30 mila lavoratori non sono impiegati perché le imprese non li trovano e solo 4 su 100 trovano lavoro tramite il collocamento. Questa riforma interviene sui contratti ed è invece necessario lavorare sulle possibilità, a partire dalla semplificazione della comunicazione tra imprese e università, ad esempio. Ma si deve soprattutto lavorare per ottimizzare le risorse disponibili, cosa che sarà facilitata anche dall’introduzione della flat tax. Il reddito di cittadinanza è solo una mancetta, l’obiettivo dev’essere invece un’occupazione stabile e pagata dignitosamente”.

A proposito di reddito di cittadinanza… Di Maio ha lanciato la ‘quota 41’, la pensione dopo 41 anni di lavoro: proposta realizzabile?
“Di Maio si sta iscrivendo nel circolo dei promettenti, lanciando proposte di carattere generale che partono dalla Legge Fornero, una serie di regole rigide scritte per rispondere all’Europa, senza tener conto del nostro mercato del lavoro, da un ministro che non sapeva come questo funziona. Ricordiamo ad esempio le cifre spese per gli esodati, sostenuti proprio dall’economia sociale. Di Maio non si rende conto che se vuole riformare il sistema pensionistico deve rinunciare al reddito di cittadinanza, perché pensioni e previdenza sociale sono complementari. Il problema è che oggi abbiamo troppo pochi lavoratori”.

Eppure secondo l’Istat è record di occupati…
Un dato praticamente truccato, che conta anche chi lavora un’ora a settimana e non contribuisce quindi al sistema pensionistico. Noi abbiamo bisogno invece di lavoratori stabili”.

Le statistiche parlano anche di donne costrette a lasciare la professione per ricoprire il ruolo di mamme.
“In Italia manca completamente un welfare aziendale, cioè interventi di conciliazione fra tempi di vita e di lavoro. Se invece di destinare fondi per l’inclusione volti a risolvere il problema si investisse prima in defiscalizzazioni e detassazioni, le cose sarebbero diverse. Una madre che può usufruire di asilo aziendale mantiene il lavoro e crea così ricchezza, stabilità. È chiaro però che per farlo bisogna aiutare l’azienda. Al contrario, una donna che non riesce più a lavorare diventa più povera, soprattutto al Sud dove la forbice aumenta. In conclusione.. Spendiamo in assistenza soldi che potremmo destinare al lavoro”.

Da ieri Invitalia mette a disposizione un miliardo per l’auto-imprenditorialità al Sud. Quando parliamo di Mezzogiorno i risultati però sono pochi. Perché?
“In generale gli incentivi per il Mezzogiorno presentati come panacea ci sono sempre stati. Chi ne ha tolti è stato Renzi nel 2014 per destinare risorse al Jobs Act. Anche ReStart – per i giovani – non è una novità, riprende l’idea proposta in una legge degli anni ’80. Tuttavia ritengo che non abbia senso aiutare una persona che ha una buona idea se poi non la si accompagna nei primi anni di attività. Aiutare a comprendere il mercato e riformarlo davvero, ecco cosa servirebbe”.

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