Dal ras del business eolico ai politici di Forza Italia. Ecco i nomi dell’inchiesta che coinvolge il leghista Siri

Chi sono gli indagati dell'inchiesta che sta inguaiando il leghista Armando Siri

Per qualcuno era il re dell’eolico, un imprenditore virtuoso che fu tra i primi ad investire in Italia nel settore dell’energia green. Ma per i magistrati palermitani, Vito Nicastri, uno degli indagati dell’inchiesta che sta inguaiando il leghista Armando Siri, era molto di più. A parer loro, infatti, l’enorme patrimonio che l’uomo gestiva nascondeva un retroscena a dir poco losco i soldi che amministrava erano sporchi dato che, come accertato da diverse inchieste, appartenevano al superlatitante Matteo Messina Denaro sparito nel nulla nel lontano 1993.

Un imprenditore “pregiudicato e spregiudicato” che era già stato condannato in via definitiva per reati di corruzione e truffa aggravata. Nel 2012 Nicastri veniva sottoposto alla misura della cosiddetta sorveglianza speciale e, contestualmente, ad una maxi confisca per uno sterminato patrimonio. Poi nel 2018 finiva in carcere per concorso in associazione mafiosa e ora il relativo procedimento è pendente davanti al gup di Palermo.

Eppure nelle carte dell’inchiesta dei pubblici ministeri di Palermo spuntano anche nomi eccellenti della politica. Persone potenti che quest’inchiesta ha solo sfiorato e, infatti, non risultano minimamente coinvolte e né tantomeno indagate. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il gruppo composto da Arata e Nicastri primeggiava nel settore delle rinnovabili non solo grazie alla competenza tecnica accumulata nel tempo. Anzi questa sembrava essere un aspetto quasi irrilevante perché, scrivono gli investigatori, potevano contare “sulle conoscenze nei gangli amministrativi” e, soprattutto, “sull’importante rete di rapporti istituzionali facente capo a Paolo Arata”.

L’uomo, infatti, aveva fatto tesoro della sua precedente militanza politica in Forza Italia e così riusciva a trovare canali privilegiati con organi politici facenti capo alla regione Sicilia che, a loro volta, riuscivano ad introdurlo negli uffici tecnici o negli assessorati. Come nel caso dell’Assessore regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon (non indagato, ndr) che secondo i pm era stato contattato: “grazie all’intervento di Gianfranco Miccichè, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri” fratello gemello di Marcello, ossia il fondatore di Forza Italia recentemente finito in carcere per concorso esterno in mafia.

Miccichè, del resto come Dell’Utri, non è indagato nel procedimento ma il suo è un nome importante tanto della politica isolana quanto di quella nazionale. Al momento riveste il ruolo di presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana dopo esserlo già stato nel 2006 e nel 2008 ma nel suo passato è stato, sempre tra le fila di Forza Italia, più volte ministro e sottosegretario di Stato. Sempre nel carteggio dell’inchiesta spunta Calogero Mannino, anche lui non indagato e che, secondo gli atti, avrebbe aiutato Arata ad avvicinare un altro assessore. Un nome noto tanto per essere stato più volte ministro della Repubblica quanto per essere rimasto invischiato, venendo sempre assolto, in diversi processi relativi a Cosa Nostra e in particolare in quello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e Mafia.