Di Maio detta la linea. Sulla Libia l’unica strada è il cessate il fuoco. Informativa del ministro alle Camere. Decisiva sarà la Conferenza di Berlino

L’Italia non interverrà militarmente in Libia ma, invece, lavorerà per la stabilizzazione pacifica dell’area. Questo il cuore del messaggio lanciato ieri dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nell’informativa al Senato, dettando quella che dovrebbe essere la linea diplomatica del governo nei principali fronti internazionali. “L’Italia – ha detto non a caso il titolare della Farnesina – non intende intervenire militarmente nel conflitto libico” e sostiene “con convinzione il processo di Berlino, al momento l’unica strada percorribile”.

A quasi due settimane dal raid americano che ha ucciso il generale Qassem Soleimani, dopo il quale gli è stato chiesto di riferire urgentemente in Aula per aggiornare il Parlamento sulla situazione delle missioni militari italiane all’estero, Di Maio non ha tentennamenti. E lancia anche un messaggio agli alleati all’esecutivo: “Sulle polemiche di corto respiro prevalga una visione lungimirante e condivisa, in politica estera non esistono soluzioni semplici a problemi complessi – ha detto – E non si tratta di cerchiobottismo o ingenuità. Occorre giocare in squadra. Le critiche sono legittime, in alcuni casi utili”, ma alla fine deve prevalere una posizione unitaria.

SPAZIO ALL’EUROPA. Insomma, la linea è quella di un non-intervento, se non nell’ambito di una missione internazionale di pace, sulla falsa riga di quello che è stato dichiarato in mattinata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini: “L’Unione europea, anche su impulso italiano, ha avviato una riflessione per una missione europea di monitoraggio del cessate il fuoco, naturalmente su espressa richiesta dei libici e in un quadro di legalità internazionale sancito dalle Nazioni Unite”, ha detto.

“Il Mediterraneo allargato sta vivendo una fase particolarmente turbolenta soprattutto in Libia, Iran e Iraq – ha continuato – L’instabilità diffusa tocca da vicino gli interessi nazionali. Più l’Italia sarà unita e compatta tanto più riuscirà a mettere in campo un’efficace azione politica. Nel Mediterraneo non esistono scorciatoie militari che non producono soluzioni sostenibili”. Non interventismo che, come già esplicitato nelle scorse settimane dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non esclude una missione europea in Libia che “sarebbe un passo importante per fermare le interferenze esterne”.

LA LINEA. La strategia in Libia, spiega ancora Di Maio, è quella di mantenere il cessate il fuoco ed “evitare le ingerenze esterne per riportare la crisi su un binario politico”. L’unica soluzione, dunque, è che le parti si siedano attorno a un tavolo. Questo deve accadere, dice Di Maio, nel corso della Conferenza di Berlino sul Paese nordafricano, riguardo al quale “ho proposto ai miei omologhi turco e russo, e loro hanno accettato, di lavorare insieme a un tavolo trilaterale per la Libia”, e anche con un rinnovato dialogo tra Usa e Iran: “Dobbiamo lavorare per facilitare il dialogo tra Washington e Teheran e chiediamo loro un impegno senza precondizioni” e orientato “al compromesso”.

E sulle nuove tensioni Usa-Iran specifica: “L’Italia è stata informata dai più alti livelli del dipartimento Usa nelle ore immediatamente successive all’attacco”, smentendo così alcune indiscrezioni che parlavano di una mancata informativa al governo di Roma. A distanza, parlando al Tg2, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, detta la posizione del partito riconoscendo “il grande impegno del presidente Conte e del ministro degli Esteri in scenari di crisi drammatici” ed esorta l’Italia a “essere vicina a chi ci rappresenta così da rendere più forte la loro azione”. E in aula Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri, sostiene che “in questo quadro il nostro governo sta lavorando bene”. Critiche arrivano invece dal centrodestra, in particolare da Forza Italia che, con la capogruppo Anna Maria Bernini e Paolo Romani chiedono maggiore interventismo: “Signor ministro, lei ha detto ‘no’ a ogni azione militare. Se non ci assumiamo responsabilità, non saremo protagonisti di tavoli di pacificazione e nemmeno invitati”.