Disabili discriminati anche in cabina elettorale. Leggi vecchie e complicate: 4 milioni di persone rischiano di non votare

La politica si è dimenticata ancora una volta dei disabili, una platea da oltre 4 milioni di persone in tutta Italia. Il sasso nello stagno l’ha lanciato Andrea Maestri, deputato di Possibile candidato con Liberi e Uguali (LeU) al Senato in Umbria, che ha denunciato lo “scandalo relativo alle complicazioni del voto per le persone con disabilità gravi. In tanti – ha sottolineato Maestri – sono costretti a seguire delle articolate procedure burocratiche”. Il risultato? “Nella pratica si nega l’espressione del voto”. Proprio così. C’è un aspetto, ha aggiunto Maestri, “che resta davvero incomprensibile”. Ovverosia: “Bisogna presentare la richiesta di votazione presso la propria dimora almeno venti giorni prima delle elezioni”. Davvero troppo prima, per il deputato di Possibile, “considerando le situazioni prese in questione”.

Come se non bastasse, “esiste un vuoto legislativo: la norma non entra nel merito dei casi in cui la persona disabile grave non sia in grado di firmare e quindi non è chiaro quale sia la procedura di raccolta della sua volontà. In un Paese ad alto rischio astensionismo, appare ridicola la complicazione di questi meccanismi. A danno, come sempre, dei più deboli”.

Denuncia, quella del deputato “civatiano”, che ha trovato sponda nella Fish Onlus, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap. “Ancora oggi le persone con disabilità non vengono trattate come tutti gli altri cittadini”, dice senza mezzi termini il presidente di Fish, Vincenzo Falabella, a La Notizia. Infatti, spiega ancora Falabella, “siamo ancora lontani dalla piena  applicazione dell’articolo 29 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che prevede la loro piena partecipazione alla vita politica non solo come elettori, ma anche come candidati in condizioni di pari opportunità con gli altri. Non è quindi solo un problema burocratico all’esercizio del voto assistito o a domicilio, ma proprio culturale che inizia già dall’accessibilità delle informazioni politiche, per finire con il limitato numero di persone con disabilità messe nella condizione di partecipare agli eventi in campagna elettorale perché inaccessibili.” Insomma, esiste una vera e propria discriminazione.

Discriminazione alla quale la politica, di nessun colore, in nessuna forma, ha mai pensato di porre rimedio. “Perché? Semplice: ci portiamo dietro un retaggio culturale per il quale le persone con disabilità sono considerate malate. Una visione che dobbiamo superare – conclude Falabella – complice il fatto di aver ratificato nel 2009 quella Convenzione Onu senza poi aver prodotto norme e prassi per applicarla concretamente. Questa campagna elettorale sarebbe l’occasione per dare un segnale”. Se non ora, quando?

Twitter: @GiorgioVelardi