Duemila ponti a rischio in Italia. Ma non c’è denaro per la sicurezza. Necessari più di tre miliardi di investimenti

Secondo il rapporto pubblicato dall’Unione Province d’Italia, infatti, in Italia ci sono 1.918 ponti a rischio “priorità 1”

Un disastro. Che potrebbe tramutarsi in nuove tragedie se non si dovesse intervenire prontamente e si preferisse cincischiare esattamente come fatto col viadotto Polcevera a Genova. Secondo il rapporto pubblicato dall’Unione Province d’Italia, infatti, in Italia ci sono 1.918 ponti a rischio “priorità 1”. Necessitano cioè – spiegano dall’Upi – “di interventi urgenti in quanto già soggetti a limitazioni del transito o della portata, se non chiusi”. Soltanto per questi viadotti malconci, secondo una stima dell’ente, occorrerebbero almeno 730 milioni di euro. Il dato però, com’è facile immaginare, è sottostimato. Ci sono, infatti, 14.089 opere da sottoporre a indagini tecnico diagnostiche. Opere, cioè, su cui le Province hanno preferito non esporsi in attesa dei dovuti controlli e delle perizie. Piccolo particolare: già solo per il monitoraggio di queste opere occorrerebbe mezzo miliardo (566 milioni nel dettaglio). Ma non è tutto. Le 1.918 strutture a rischio rientrano nelle 5.931 “già sottoposte all’attenzione delle Province, su cui il quadro degli interventi necessari è già chiaro”. Così come il totale delle risorse necessarie per intervenire, che ammontano a 2 miliardi 454mila euro. Di fatto dunque, calcola l’Upi, occorrerebbero oltre 3 miliardi di euro tra interventi già mirati e ulteriore monitoraggio sulle opere da controllare. Solo per il Piemonte (vedi grafico a lato) occorrerebbe quasi mezzo miliardo, quasi 400 milioni per la Lombardia, oltre 150 per il piccolo Molise.

Rubinetti chiusi – Sarebbero necessari, dunque, investimenti di un certo rilievo. Peccato, però, che nel frattempo i fondi destinati alla viabilità siano praticamente crollati specie dopo la riforma spennata Delrio. “Dal 1979 ad oggi – ricorda ancora l’Upi – il parco mezzi circolante sulla rete stradale nazionale è aumentato di quasi due volte e mezzo”. E se nel 2009 le Province avevano a disposizione per investimenti in strade e scuole quasi 2 miliardi, il fondo è via via andato a scemare. Nel 2013 si scende a 1,3 miliardi; nel 2015 a 981 milioni. Fino al 2017, in cui ci si è fermati a un finanziamento di soli 712 milioni. Parliamo, cioè, di un crollo di oltre il 51%. “Il nostro è un Paese fragile – rincara la dose il presidente dell’Upi Achille Variati – non si può trascurare la manutenzione continua. Invece inseguendo l’assurda campagna contro le Province sono state cancellate tutte le risorse destinate proprio a questa funzione. Si è sospesa la cura di 100mila chilometri di strade, di oltre 30mila tra ponti e gallerie: si è risparmiato non investendo nella sicurezza dei cittadini. Non ce lo possiamo permettere”. No, non possiamo. Specie dopo i tragici fatti di Genova.