L'Editoriale

All’Ilva si è sventata una rapina

Strike sulle bugie dell’Ilva. Nelle memorie dei commissari straordinari depositate ieri al tribunale di Milano c’è finalmente la verità su mesi di battaglie per lo scudo penale. La decisione di togliere questa sorta di privilegio feudale (presa dal Governo Conte 1 su pressione del Movimento Cinque Stelle) fu usata dal colosso dell’acciaio ArcelorMittal per provare a svignarsela dagli accordi sottoscritti. Senza quello scudo, si disse, non sarebbe stato possibile fare le necessarie bonifiche ambientali proteggendo l’acquirente da eventuali irregolarità, mentre in realtà il gruppo voleva proteggersi per ben altre inadempienze contrattuali. “Sullo scudo – è scritto nero su bianco – ci sono state conclamate falsità. E non è mai stato rispettato il contratto”.

Dunque, se i giudici riconosceranno le ragioni dei commissari, Arcelor non solo non potrà più scappare prendendo a pretesto una legittima decisione del Parlamento, ma dovrà anche spiegare perché ha svuotato di materie prime gli impianti italiani e disatteso gli impegni e gli investimenti grazie ai quali aveva sbaragliato i concorrenti in una gara pubblica. Abbiamo evitato, insomma, l’ennesimo scippo di un patrimonio dello Stato, o perlomeno di una parte di esso, malgrado una pressione mediatica tutta sdraiata sui buoni e bravi imprenditori esteri che ci fanno il favore di investire in Italia, manco fossero una onlus che regala quattrini. E non finisce qui.

Ora sarebbe interessante sentire che ha da dire l’allora ministro Calenda, ancora adesso difensore della sua scelta sul destino dell’Ilva, oppure come si giustificano i nostri sovranisti alle vongole, a partire dalla Lega, senza remore nel prendere le parti degli indiani – e non degli italiani – pur di dare addosso all’allora ministro dello Sviluppo economico, Di Maio, e fare proprio di Taranto l’emblema del suo fallimento nel gestire le crisi industriali. Sovranisti, giornalisti e opportunisti politici che reggevano il sacco, nel migliore dei casi a loro insaputa, mentre i ricchi stranieri si preparavano a scappare col bottino.