L'Editoriale

Di Maio paga il conto di Trenitalia

I miei ormai affezionati haters, cioè gli odiatori seriali che a prescindere da ciò che dica o scriva mi coprono d’insulti sui social, non si scaldino subito: sono perfettamente consapevole che la situazione in Iraq e in Libia è così grave da rischiare una terza guerra mondiale. Allo stesso tempo ho ben chiaro che in Italia ci sono problemi grandi e grandissimi: dalla tenuta del Governo sulla prescrizione sino allo scontro politico-lobbistico sulle concessioni autostradali, dalle micidiali crisi industriali di Alitalia ed ex Ilva alle fibrillazioni nei 5 Stelle, dove da inizio della legislatura venticinque parlamentari (14 deputati su 227 e 11 senatori su 112) sono fuggiti avvelenando i pozzi, cioè caricando quanto più possibile di polemiche e difficoltà l’Esecutivo di Giuseppe Conte.

In questo modo si è ridotta la soglia di sicurezza della maggioranza a Palazzo Madama, assegnando un potere insperato a un manipolo di transfughi da tutti i partiti, peones che non fanno niente per niente e del cui sostegno al premier c’è poco da fidarsi. Un trasformismo che paradossalmente trae forza dal voltafaccia di questi eletti 5S, visto che il Movimento sin dalla nascita ha sempre condannato il tradimento del mandato degli elettori. Oggi però mi occuperò di altro, e se a qualcuno sembrasse che si tratta di una questione minore, lo avviso che invece questo è il cuore dell’allontanamento di tanti elettori grillini.

Due giorni fa, festa dell’Epifania, nessun mezzo d’informazione si è accorto infatti di un’ennesima frattura dell’Italia a metà. Non c’erano nubifragi o eventi catastrofici, ma ad eccezione dei pochi fortunati che avevano prenotato molto tempo prima chi voleva viaggiare da Sud a Nord non ha potuto farlo. Gli aerei sono stati presi d’assalto malgrado le tariffe da strozzinaggio, i pullman di linea erano strapieni e i treni con i posti esauriti. Ho visto personalmente uomini piangere per un biglietto di qualunque cosa pur di andare da Catania a Milano ad assistere un parente malato. Ma non c’era niente da fare: oltre alle infrastrutture da Terzo mondo il Mezzogiorno deve subire ingiustificabili negligenze.

Nessuno può pretendere di fare arrivare in un lampo l’alta velocità ferroviaria in Sicilia, benché non si capisca per quale motivo un pezzo della stessa nazione sia lasciato senza servizi che altrove sono la normalità, ma aggiungere semplicemente dei treni supplementari in giornate di forti spostamenti non è chiedere la luna. Il problema d’altra parte era noto a tutti, tanto che solo qualche settimana prima dei giovani si erano autorganizzati con dei bus dalla Lombardia, finendo per questo su tutti i giornali.

Dunque, a quasi due anni dalla grande fiducia data dagli elettori ai Cinque Stelle, prima forza di Governo, l’aspettativa di vedere i cittadini comuni trattati finalmente con rispetto è in questo come in altri casi senza risposta. Certo, il Movimento ha fatto molte cose straordinarie, a partire dal Reddito di cittadinanza di cui nessuno più di questo giornale ne sottolinea in ogni occasione il valore. Però è con i 5S al timone che è stato scelto l’Ad delle ferrovie, Gianfranco Battisti, un signore che ha fatto fare una figura di tolla senza pari allo stesso Luigi Di Maio, affidando il salvataggio dell’Alitalia all’Atlantia dei Benetton, e per non correre il rischio di vedere spuntare altri pretendenti chiamando come advisor Mediobanca, di cui sempre i Benetton sono azionisti.

Così Di Maio e poi il suo successore al Ministero delle Attività produttive, Patuanelli, hanno dovuto concedere inutilmente ben otto proroghe alla grottesca cordata guidata dalle Fs per rilevare l’ex compagnia di bandiera, quando solo un ubriaco poteva non accorgersi che l’unico interesse dei Benetton era e resta avere in contropartita la prosecuzione delle concessioni autostradali. Questo – sia chiaro – è solo uno degli errori niente affatto veniali commessi dai pentastellati nell’anno e mezzo di Governo prima con la Lega e poi col Pd, e dopo tanto tempo non vedere in molti servizi essenziali alcun cambiamento presenta il conto. Perché per una forza politica estranea ai vecchi giochi di potere, e per questo ferocemente osteggiata anche dai giornali e dalle tv di riferimento di quel sistema, è qui, sulla carne viva dei cittadini, che nasce o muore il consenso.

Perciò prima di valutare se è giusto o no modificare la stessa guida politica del Movimento, o le regole interne e quant’altro viene percepito come un problema del M5S forse è il caso di fare una verifica sull’efficacia delle leve scelte finora e da scegliere appresso per migliorare la vita dei cittadini, e non far finta di niente dove le cose sono rimaste come e peggio di prima.