L'Editoriale

L’ergastolo se lo beccano gli onesti

Se a Berlino c’è rimasto un giudice, a Strasburgo non è poi così sicuro. Con un’altra delle sue decisioni lunari la Corte europea dei diritti di alcuni umani (e di tutti gli altri no) ha respinto il ricorso dell’Italia – Paese notoriamente forcaiolo – contro l’illegittimità del carcere a vita senza sconti e permessi. Il massimo della pena, che in altri civilissimi Stati significa sedia elettrica o impiccagione, qui dovrebbe essere il massimo deterrente per mafiosi, terroristi e serial killer.

Anche questi signori però devono essere riammessi nella società civile, e pazienza se a questa stessa società hanno devastato l’anima con omicidi efferati, quando non hanno cercato di sottometterla a quell’anti-Stato che sono Cosa nostra, la camorra e la ‘ndrangheta. Chi vive sui libri di diritto adesso si divertirà a far filosofia con mille dottissimi argomenti, ma probabilmente conosce poco dei codici di certi criminali, docili pecorelle pronte a pentirsi dei loro misfatti, come si sono pentiti Totò Riina e i tanti boss che si sono fieramente portati nella tomba tutti i loro peccati. Così un principio puramente astratto offre a certi scellerati la speranza di uscire un giorno dal carcere, e quel giorno di poter dire che hanno vinto loro sullo Stato.

Per chi ne emula le gesta è un lasciapassare verso nuovi delitti, e l’ennesima mazzata sulle forze dell’ordine che a questi farabutti danno la caccia, sapendo che loro possono uccidere mentre la legge, al massimo, li ospiterà un po’ nelle patrie galere, al netto di permessi e altri conforti che riescono a ricevere in cella. Così l’ergastolo se lo beccano gli onesti.