L'Editoriale

I garantisti ostaggio dei complici

Adesso si aspetta pure le scuse Luca Lotti, il fedelissimo renziano che accusa persino il suo partito e quanti altri si illudevano sull’autonomia della magistratura. Registrato mentre confabulava con alcuni consiglieri del Csm per stabilire quali procuratori promuovere e quali trasferire, compreso quello destinato a Roma, determinante nel processo Consip in cui è imputato, Lotti perlomeno ha fatto da sé quello che doveva fare il segretario Zingaretti. Come la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, pur diventato imbarazzantissimo, l’ex ministro non è stato messo alla porta.

Se la bandiera del garantismo non consente di cacciare chi non è condannato all’ultimo grado di giudizio, figuriamoci chi non è neppure indagato, per quanto certi comportamenti vadano contro l’essenza stessa di una democrazia fondata sulla separazione dei poteri politico e giudiziario. La cura per impedire queste ingerenze, certamente non isolate, ma per la prima volta venute alla luce grazie a una legge voluta dai 5 Stelle, sta nel riformare l’organo di autogoverno dei giudici, stabilire pochi e precisi standard di merito e anzianità, e poi sorteggiare i candidati agli incarichi direttivi, togliendo insomma ogni ragione di esistere a quelle correnti della magistratura che hanno fatto entrare dalla finestra dei palazzi di giustizia la politica lasciata fuori dalla porta.

In attesa di questa rivoluzione, se mai si farà, i partiti continuano a chiudere gli occhi, come fa ancora il Pd ignorando i procedimenti sulla sanità che coinvolgono il governatore della Calabria, oppure la Lega che avrebbe lasciato il sottosegretario Siri al Governo. Resta un caso unico, dunque, la lezione dei 5 Stelle su De Vito, cacciato in due secondi non perché sia certamente colpevole dei reati di cui risponderà nell’eventuale processo, ma perché in un Paese tanto corrotto la politica deve dare esempi che non c’entrano nulla col codice penale. Un’assunzione di responsabilità che sfugge a chi getta la palla in tribuna mettendo sullo stesso piano le accuse di presunti abusi amministrativi mosse alla Raggi o alla Appendino con gli inciucioni notturni sul Csm o i favori ai soci in affari del capo della mafia.