L'Editoriale

In Europa ancora ambiguità. Ma i 5S hanno aperto una strada

Al terzo giorno l’Europa risuscitò. Il terzo giorno è quello dal decreto del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha messo in campo tutta l’Italia nella guerra contro la pandemia di Coronavirus. Una sfida senza precedenti, raccolta da grandissima parte del Paese, che con sporadiche eccezioni resta chiusa in casa, riducendo così drasticamente le opportunità di contagio. Le persone coinvolte purtroppo sono ancora in aumento, ma tra breve vedremo senz’altro gli effetti di questa straordinaria mobilitazione nazionale. Ieri però c’è stato un altro evento fuori dal comune

A poche ore dalle parole scriteriate della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, che hanno affondato le Borse e in particolare la nostra, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha invertito radicalmente la rotta, assicurando che l’Italia avrà da Bruxelles tutti gli aiuti di cui ha bisogno. Un intervento in risposta alle parole nette del nostro Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e che hanno indotto la stessa Bce a rettificare quanto affermato dalla Lagarde, anche se del necessario taglio dei tassi non si parla ancora. La reazione dei mercati non si è fatta attendere e Piazza Affari ha recuperato parte dei miliardi bruciati giovedì scorso. Tutto bene, dunque? Si è fatto un errore e si è già messo riparo? Ma neanche per sogno. Quello che è accaduto e che accadrà nei prossimi mesi è determinante per capire se esiste o no una nuova idea d’Europa, e se abbiamo davvero qualcosa di buono da attenderci.

Le posizioni divergenti espresse dai vertici di Commissione Ue e Bce sono intanto un fatto nuovo. Nel precedente establishment europeo, quando ci dava una mazzata la Banca centrale (fino al whatever it takes – cioè “si farà tutto quanto il necessario” – di Mario Draghi) subito dopo arrivano il presidente Juncker o i solerti commissari Dombrovskys e Moscovici a metterci il carico sopra. Quel modello ieri si è spezzato, e il merito di tutto questo ha due nomi su tutti: Movimento Cinque Stelle e Conte. Poi vengono anche la credibilità di Gualtieri e Gentiloni, ma senza il sacrificio elettorale dei grillini, che consentirono alla von der Leyen di raccogliere una stretta maggioranza nel Parlamento di Strasburgo, non saremmo qui a discutere di alcun corso nuovo.

SACRIFICIO PER L’ITALIA. Quel voto a Ursula è stato enormemente strumentalizzato dai partiti sovranisti, ed è costato caro ai 5S in termini di consensi, ma la Lega e Fratelli d’Italia, pur prendendo alle ultime elezioni europee un mare di voti, li hanno sterilizzati in una ininfluente opposizione rispetto all’unica possibilità di cambiare le vecchie politiche di austerità e del rigore sui conti pubblici.

Il sostegno del Movimento alla von der Leyen non è mai stata, inoltre, una cambiale in bianco, ma ha preteso aperture senza precedenti sul Green New Deal europeo e sulla concessione di flessibilità di bilancio per la crescita. Bruxelles, dicono adesso i sapientoni del giorno dopo, ha cambiato atteggiamento verso l’Italia perché la flessibilità serve anche alla Germania, in stagnazione economica e in difficoltà con le sue banche. Tutto questo è vero, ma quanto successo appena ieri è la prova che l’Italia per una volta può cogliere un’occasione e non restarne perennemente esclusa. Se siamo arrivati qui lo dobbiamo però anche al secondo protagonista di questa strategia, cioè al premier Conte. Va a lui il merito di non aver ceduto alle sirene di Salvini e di chi spingeva a fregarcene dei vincoli sul deficit, il cui rispetto era invece la precondizione per acquetare i mercati e poter chiedere adesso quello che ci spetta.

SIAMO SOLO ALL’INIZIO. E qui veniamo adesso alla grande scommessa, allo scenario che abbiamo di fronte. La disponibilità data dalla Commissione rispetto all’utilizzo di 25 miliardi extra deficit per fronteggiare i danni del Coronavirus non può essere la soluzione ai nostri problemi, ma appena l’anticipo di quanto ci serve. In Europa ci sono poi livelli diversi di governo. E istituzioni formalmente autonome, come la Banca centrale. Se nel Parlamento europeo e nella Commissione l’Italia è finalmente autorevole, e qui ricordiamo anche il ruolo del presidente David Sassoli, nel Consiglio d’Europa – dove siedono i capi dei Governi – Conte deve mediare su tutto. Anche a Francoforte, sede della Bce, la Banca d’Italia siede in un board dove ogni Paese fa i propri interessi, e questi sappiamo che sono divergenti, soprattutto per quanto riguarda le esigenze del più ricco Nord Europa rispetto ai Paesi mediterranei. Da quello che succederà nelle prossime settimane a questi livelli, compreso l’Eurogruppo (cioè l’assemblea dei ministri economici), capiremo se esiste sul serio un nuovo spirito europeo.

NULLA È SCONTATO. Il disastro che ci ha portato la pandemia è il terreno sul quale misureremo la solidarietà e la scelta tra gli interessi dei popoli e quelli dei mercati insieme ai Paesi forti (Francia e Germania in testa). Il percorso virtuoso che nel loro piccolo hanno innescato i pochi eletti 5 Stelle in Europa può diventare una nuova era o l’ennesima promessa tradita. Chi ha acceso la speranza ha già fatto molto, anche se adesso bisognerà controllare e insistere. Ma le decisioni che contano le prendono i governi e le grandi famiglie politiche – popolari e socialisti – che seppure spaventate dall’avanzata dei sovranismi, sembrano aver già dimenticato la lezione di Orban, Salvini e Le Pen. Così come la signora Lagarde ha già dimenticato la lezione di Draghi. Perciò non possiamo ancora sapere se l’Ue svolterà davvero verso un nuovo umanesimo in economia e sull’altro grande dramma dei migranti. Fare la cosa giusta sembra facile, ma non illudiamoci. Salvini intanto può stare sulla riva del fiume a criticare qualunque cosa faccia il Governo, e se nelle cancellerie prevarrà l’egoismo presto ne beneficerà. Se però a prevalere sarà la solidarietà, a beneficiarne saremo tutti noi italiani ed europei.