L'Editoriale

L’utopia dei Cinque Stelle al governo con il Pd

Può darsi che Di Maio e Salvini oggi si incontrino e mandino avanti il Governo, oppure no. Può anche darsi che dallo scandalo Siri, o dal Russia-gate, escano fuori le prove provate dei soliti vizi di affaristi e politici, oppure tutti i personaggi coinvolti risultino immacolati come gigli di campo. Allo stesso modo, può essere pure che i governatori di Veneto e Lombardia si ricordino di aver giurato sulla Costituzione italiana in cui, all’articolo quinto, c’è scritto che la Repubblica promuove le autonomie, ma prima di questo è “una e indivisibile”.

Tutto può essere, insomma, in questo Paese che secondo il grande Roberto Gervaso sta in piedi solo perché non sa da che parte cadere. Una cosa però è certa: l’inciucio stile Prima Repubblica tra 5 Stelle e Pd è un’idea che può far breccia solo in chi è rimasto giusto a quell’epoca, quando i capicorrente facevano gli accordi politici che volevano, utilizzando come proprietà personale i voti raccolti prettamente con le clientele o gli apparati di partito. Certo, a quei tempi in Rai c’era la tribuna politica trasmessa in bianco e nero, ma i voti d’opinione si spostavano lentamente, e ad eccezione del Movimento sociale e dei pochi laici Repubblicani e liberali, alla fine sempre da Peppone e Don Camillo si andava a finire, almeno fin quando Craxi non si mise in testa (rompendosela) di scalare il PCI.

Preistoria di fronte ai Tweet o al web con cui oggi i leader orientano in tempo reale flussi elettorali estremamente volubili, formati da cittadini che ci stanno un attimo a cambiar bandiera. Quello che una volta era possibile ai signori delle tessere (e il dem Dario Franceschini, autore della velleitaria apertura di ieri ai 5 Stelle viene dalla Dc) oggi è pura utopia. O forse un segno di disperazione dentro un partito che il segretario Zingaretti non manovra, terrorizzato dall’ammutinamento dei renziani e spiazzato dalle fughe in avanti di chi è rimasto più indietro, come Franceschini, appunto. Salvini dunque può stare tranquillo e ricattare Di Maio minacciando il Governo? No, perché dopo per vincere dovrebbe consegnarsi alle vecchie élite, Berlusconi compreso. E poi il cambiamento vediamo come lo spiega agli elettori della Lega.