L'Editoriale

Regioni più dannose del virus

L’eroismo dei soldati, la confusione dei comandi. Nelle guerre degli italiani questa è una costante, e la guerra al Coronavirus non fa differenza. I medici, gli infermieri, i farmacisti ci rimettono anche la pelle mentre il Governo dice una cosa e le Regioni un’altra. E chi se ne frega se questo conflitto nelle decisioni rende tutto più difficile e rischia di allungare la nostra prigionia in casa, attaccati alle televisioni o ai telefonini in attesa delle notizie dal fronte: se i morti sono di più o di meno, a quanto siamo arrivati con i contagiati e con i guariti. In una recente trasmissione tv avevo detto che quando l’emergenza sarà finita bisognerà ripensare al nostro regionalismo, ai limiti e ai costi esorbitanti che comporta, sentendomi rispondere che questa è una minchiata.

A parlare era il più minchione dei nostri governatori, il presidente ligure Giovanni Toti, che a sprezzo del ridicolo rivendicava l’ottimo lavoro delle Regioni, al contrario di quei perdigiorno di Conte e dei suoi ministri che a Roma “non hanno capito” il dramma del Nord, per usare le parole del collega lombardo Attilio Fontana. Purtroppo il nostro è il Paese delle rendite di posizione, e la succulenta mangiatoia delle Regioni fa gola a troppi per ammettere non solo che brucia miliardi, ma che ingarbuglia e duplica molte mansioni, come abbiamo visto fino a ieri con la richiesta di sperimentare sia in Piemonte che in Veneto il farmaco che in Giappone pare abbia qualche successo contro il Covid-19, e di cui l’Aifa, l’Agenzia nazionale per farmaco, altro ente inutile e mangiasoldi, si teneva l’autorizzazione nel cassetto.