L'Editoriale

Salviamoci dai matti delle regioni

Ci mancavano solo i governatori che chiudono i confini delle regioni, che per farci passare chiedono il passaporto e se va avanti così tra un po’ si dichiarano guerra tra loro. Non serviva il Coronavirus per mostrare chiaramente che il regionalismo in Italia è un immenso fallimento. Ma la situazione adesso ha raggiunto le soglie del grottesco. Gli enti che dovevano svolgere funzioni intermedie tra le comunità locali e lo Stato sono diventati chi più chi meno immensi stipendifici, fonti inesauribili di costi, burocrazia e corruzione. I lettori più giovani potrebbero non ricordare, ma fino al 1970 le Regioni non c’erano e il nostro Paese andava a gonfie vele.

Poi, siccome stavamo dalla parte del Patto atlantico, e quindi per ragioni geopolitiche la sinistra non poteva andare al governo, si decentrarono alcuni poteri in modo da accontentare il Pci che in quell’epoca era oggettivamente maggioritario in vaste aree della nazione. Da allora si sono fatte cose buone e altre pessime, fino all’errore fatale della riforma del Titolo V della Costituzione, nel 2001, quando la Sinistra provò così a scavalcare Bossi, disinnescandone i propositi di secessione, ma di fatto senza sottrargli quel radicamento elettorale nel Nord che poi Salvini ha recuperato e rilanciato. L’effetto di tutto questo è stata la trasformazione dei presidenti delle Giunte regionali in autentici Padri eterni, che un minuto dopo essersi insediati giurando sulla Costituzione sono diventati i padroni dei loro territori, derogando persino su prerogative inalienabili dello Stato, come le disposizioni per motivi sanitari.

L’Italia massacrata da un virus mortale che si chiama burocrazia, ha così peggiorato il problema e ora si presenta a qualunque guerra – per assicurare la salute dei cittadini come per far ripartire l’economia – alla stregua di un esercito che avanza al comando di tanti generali, dove uno gira e destra e l’altro a sinistra, qualcuno va alla carica e qualcun altro sta in trincea. Saranno tutti bravi e con le loro belle uniformi, ma tutte le battaglie in questo modo finiscono in disastri, e chi paga per tutti restando vittima sul campo siamo noi cittadini.