Il Mes è da riscrivere. Il Movimento chiede agli alleati di correggere il testo per evitare in futuro di finire sotto ricatto. Intanto è disgelo tra Conte e Di Maio

Tutto dipende da cosa deciderà l’Eurogruppo. Il destino del Mes (Meccanismo europeo di stabilità o fondo Salva-Stati) e quello del governo sono nelle mani dei ministri finanziari dell’area euro. E in quelle del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Quello che stabilirà l’Eurogruppo – e che verrà sottoposto al Consiglio europeo del 12 e del 13 dicembre – determinerà anche le decisioni del Parlamento chiamato entro l’11 dicembre a votare le risoluzioni sul Mes che i gruppi presenteranno dopo le comunicazioni che il premier terrà alle Camere in vista dell’eurosummit. La decisione di rinviare la firma al Mes potrebbe togliere le castagne dal fuoco all’Eurogruppo e al governo. Anche se gli euroministri puntano a confermare nei contenuti il trattato.

Sull’ipotesi di un rinvio apre Parigi: nessuna intenzione di rinegoziare l’intesa ma “se un Paese ha bisogno di un po’ più di tempo, bisogna tenerne conto”. In realtà ai francesi preme definire meglio le “clausole di azione collettiva” del trattato. Il vertice di maggioranza di domenica ha dato mandato al numero uno di via XX Settembre di trattare sul Mes in una “logica di pacchetto”, che significa vincolare il sì al Mes a quello delle altre riforme sul tavolo, come l’Unione bancaria. Ed è proprio su quest’ultimo dossier che si concentrano i dubbi di Gualtieri. Il ministro dem non ha escluso di porre il veto se prevalesse la linea indicata dal collega tedesco che penalizza l’Italia rendendo più rischioso per le banche acquisire titoli di Stato della propria nazione. L’ultima parola, ha stabilito sempre il vertice di maggioranza, spetterà al Parlamento.

L’informativa del premier alle Camere di lunedì non ha placato gli animi nella maggioranza. Il “tutti sapevano” del Mes, pronunciato da Giuseppe Conte riferito ai ministri del governo gialloverde, ha lasciato l’amaro in bocca ai Cinque Stelle. Replica il capo politico Luigi Di Maio: “Sapevamo che il Mes era arrivato a un punto della sua riforma, ma sapevamo anche che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche l’unione bancaria e l’assicurazione sui depositi. Queste tre cose vanno insieme, sennò qui il rischio è che vada a finire che ci fregano”. Di Maio parla di “sporca campagna mediatica” da parte di Matteo Salvini e rivendica per il suo Movimento il ruolo di “ago della bilancia”: “Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes”. E come sulla giustizia a dargli man forte c’è Alessandro Di Battista: “Concordo. Non così, non conviene all’Italia”.

“Nessuna contrapposizione tra me e Di Maio”, puntualizza il premier. Semmai in maggioranza ci sono “sensibilità differenti”. E Di Maio rilancia: “Io e Conte siamo in piena sintonia sul Mes e sulla prescrizione”, assicura ospite a Di Martedì. “Per il resto Conte conferma la linea: richiesta in Europa di aggiustamenti, logica del pacchetto, ultima parola al Parlamento. Il Pd fa quadrato attorno a lui. “Sul Mes si è fatto un vertice in cui si è decisa una linea comune, il presidente del Consiglio ha espresso una posizione alla Camera e al Senato. Poi ovviamente deciderà il Parlamento”, dice il numero uno del Pd Nicola Zingaretti. “Se qualcuno dice sul Mes decido io, ottimo per fare qualche like su Facebook ma la posizione del governo è quella espressa dal premier”, insiste il ministro dem Vincenzo Amendola.

E se Italia via – che ha disertato il vertice di domenica – si sfila dal dibattito, LeU con Pier Luigi Bersani sdrammatizza i toni: “Se ci fosse una crisi di governo sul Mes bisognerebbe chiamare il 118. A fare allarmismi non è Di Maio ma Salvini”. Il leader della Lega non si dà pace: “Il Mes non è emendabile, è da bloccare e basta. Conte? ha lo sguardo di chi ha paura e scappa”. Fonti europee stigmatizzano il comportamento dell’ex ministro dell’Interno come “opportunismo” che serve a “destabilizzare la coalizione attuale”.