Il Punto di Mauro Masi. L’ultimo rapporto del Censis sulla comunicazione ci ricorda che siamo sempre più un popolo di “navigatori” ma non di lettori

Appena il 37,4% legge i quotidiani, nel 2007 erano al 67%

Mercoledì 11 ottobre il Censis ha presentato il proprio 15esimo Rapporto sulla comunicazione, un testo articolato e complesso (e su cui torneremo a breve) che, tra l’altro, segnala che in Italia, in 10 anni, è triplicata la spesa per smartphone (ora attestata a 23,7 miliardi comprendendo anche la spesa per i servizi di telefonia e il traffico dati); che gli italiani che usano Internet aumentano ancora del 3,2% nel 2018 rispetto all’anno precedente (ben +33,1% dal 2007) sino al 75,2% della popolazione. E qui c’è forse il dato più significativo: passano dal 67,3% al 72,5% della popolazione coloro che utilizzano i social network in particolare Facebook, You Tube e in misura minore Instagram.

Quindi siamo sempre più un popolo di “navigatori” ma non certo di lettori soprattutto di “non lettori” di editoria tradizionale (appena il 37,4% per i quotidiani; nel 2007 erano al 67%) calo questo non compensato dai giornali on-line solo in leggera crescita (dal 22,1% al 26,3 % del 2018). Buio pesto anche nella lettura di libri che continua a diminuire (solo il 42% ha letto almeno un libro nel corso dell’anno).

Wikipedia è divenuta nel tempo uno dei pilastri fondamentali di quello che possiamo definire l’ecosistema Internet. Nata tra il 2000 ed il 2001 da un’idea di Jimmy Wales e Larry Sanger che svilupparono un servizio offerto dal piccolo portale Nupedia creando una vera e propria enciclopedia on line alimentata dal basso, in pochi anni ha raggiunto milioni di voci e centinaia di diverse edizioni. Ora però nel pieno dell’esplosione del fenomeno “fake-news”, sono in molti a chiedersi se il meccanismo di alimentazione dal basso e sostanzialmente privo di controlli con cui è cresciuta Wikipedia non vada messo in discussione.

Il tema dell’affidabilità di una enciclopedia scritta in Rete direttamente dal pubblico non è peraltro nuovo; ricordo in proposito un fulminante articolo di Umberto Eco (“Come copiare da Internet” l’Espresso 16/1/2006) di oltre dodici anni fa; ora però torna di stretta attualità nel senso che se si ritengono i social networks in qualche modo responsabili della diffusione incontrollata delle “fake-news” Wikipedia lo è altrettanto. Inoltre l’enciclopedia on-line si è sviluppata anche sottolineando di avere nel proprio sistema una capacità di autocorrezione (tutti potevano intervenire per correggere degli errori o presunti tali) semplice e diretta quando poi nei fatti la possibilità di intervenire per modificare notizie o riferimenti è affidata ad una procedura estremamente complessa e tortuosa (come chiunque può constatare direttamente ) dagli esiti incerti. Per cui bisogna tornare alla domanda che Umberto Eco già si faceva nel 2006: “chi controlla a Wikipedia non solo i testi ma anche le correzioni??” Chi lo sa?