Le agromafie valgono 24,5 miliardi. Sulla pelle dei contadini-schiavi. Sono 400mila gli agricoltori che lavorano in nero. Le denunce salgono, ma la prevenzione è ferma al palo

Dalla Basilicata alla Sicilia passando per la Capitanata, fin su al Nord nelle campagne insospettabili della Pianura Padana. La piaga del caporalato coinvolge, anche se con profili e modalità diverse, tutta Italia. L’ultimo inquietante ritratto, d’altronde, arriva dal dossier di Medici Senza Frontiere: in Basilicata – e più precisamente nel Metaponto – vivono più di 2mila migranti nell’inferno delle baraccopoli. Un quadro allarmante in cui il diritto alla salute è negato. La maggior parte dei migranti visitati, infatti, presentava condizioni mediche problematiche legate alle difficili condizioni di lavoro e di vita. Meno di metà di loro aveva una tessera sanitaria e dunque la possibilità di accedere a cure mediche nelle strutture pubbliche.

Ma questa piaga è, purtroppo, generalizzata. Nonostante gli ottimi risultati raggiunti in tema di contrasto grazie alla legge anti-caporalato approvata nel 2016. Nel primo semestre 2019 sono state denunciate per caporalato e sfruttamento dei lavoratori 263 persone, 59 delle quali arrestate, più del triplo rispetto alle 80 dell’analogo periodo del 2018, con una incidenza del fenomeno che si è confermata prevalente (147 denunce) nel settore agricolo. In forte aumento anche i recuperi contributi risultanti dall’attività di vigilanza previdenziale e assicurativa, passati da 351 milioni euro a 530 milioni, con un incrementi di più del 43 per cento. Quello che manca, però, è la prevenzione.

E così, al di là delle sanzioni, la piovra delle agromafie continua ad allargarsi. Spaventosamente. Secondo l’ultimo studio (pubblicato a febbraio 2019) dell’Eurispes, il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno con una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale, immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere circolazione delle merci e dei capitali. A patire gli interessi di pochi, ovviamente, sono i tanti schiavi. Italiani e non.

Stando al rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto (Cgil) parliamo di un esercito di circa 400.000 persone in tutta Italia, di cui circa 100.000 (prevalentemente stranieri) costretti a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni fatiscenti. Già, perché il caporalato in agricoltura ha un costo – ovviamente sottostimato – per le casse dello Stato anche in termini di evasione contributiva non inferiore a 420 milioni di euro. L’emergenza che nasce sull’emergenza.