Le mani della Lega sulle dighe. Per fare più ricco il Nord. Il blitz con una norma nel dl Semplificazioni. Che assegna i bacini in proprietà alle Regioni

La Lega vuole tutte le dighe italiane anche abbassare il prezzo dell'energia nei suoi territori

Le dighe italiane nel mirino della Lega per fare più ricche le regioni del nord e abbassare il prezzo dell’elettricità nei loro territori. Autorevoli fonti parlamentari la spiegano così: “Un altro passo verso la secessione per via amministrativa”. Il blitz, passato praticamente inosservato, è arrivato con un emendamento al decreto Semplificazioni firmato dal capogruppo del Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo, e già approvato da Palazzo Madama. La norma, ora al vaglio della Camera, prevede che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza, tali opere passino senza compenso in proprietà delle Regioni, le quali posso riaffidarle con gara a un nuovo gestore o gestirle in proprio attraverso società in house.

E le concessioni scadute sono la gran parte, come ha fatto notare l’Antitrust in una lettera inviata ai presidenti delle Camere a dicembre 2018: l’unica società che si salva è l’Enel i cui diritti sulle dighe scadranno a marzo del 2029. I nuovi concessionari delle dighe dovranno pagare semestralmente alle Regioni un canone che sarà destinato per almeno il 60% alle Provincie nel cui territorio sorgono gli impianti. Inoltre le Regioni potranno stabilire per legge l’obbligo per i concessionari di fornirgli annualmente energie elettrica gratis. Adesso i Governatori avranno tempo fino al 31 marzo del 2020 per disciplinare le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, stabilendo i termini di durata delle nuove concessioni in un lasso di tempo compreso tra i 20 e i 40 anni.

Perché questa norma avrà il maggior impatto sui territori guidati dalla Lega? Semplice 5 regioni del nord hanno 14mila megawatt di idroelettrico sui circa 22mila installati in Italia. La Lombardia del governatore Attilio Fontana con 5.800 megawatt di potenza idroelettrica installata e il Veneto di Luca Zaia con 1.400 sono tra i maggiori produttori nazionali di energia idroelettrica. Mentre le altre tre Regioni che spiccano per la generazione idroelettrica, Valle d’Aosta con poco più di mille megawatt, il Piemonte con circa tremila e il Trentino Alto Adige con 3.800, amministrate rispettivamente da Antonio Fosson (Union Valdôtaine), da Sergio Chiamparino (Pd) e Arno Kompatscher (Svp) hanno un gran numero di provincie (quelle a cui andranno i soldi della nuove concessioni) in mano alla Lega. Un modo per rafforzare quella riforma delle autonomie portata avanti dal ministro Erika Stefani.

Tra le società più colpite da questa norma, che come detto fa salva l’Enel (che controlla il 38,3% delle dighe) fino al 2029, spiccano A2a che ha il 9,2% del mercato idroelettrico, Alperia col 7,6% e Cva con il 6,7 per cento. Seguono Edison e Hydro Dolomiti Energia entrambe con il 5,4%, accompagnate da Iren con il 3,2% e Erg con il 3,1%, mentre Acea ha l’1%.