Libia, dai migranti al petrolio. C’è Parigi dietro la crisi. Per Razzante però sono determinanti anche le pressioni jihadiste

Per Razzante sbagliato leggere il caos in Libia soltanto in chiave occidentale. Determinanti pure le pressioni jihadiste. L'intervista a La Notizia

“Dietro la crisi libica è evidente che ci siano gli interessi francesi. Ma è sbagliato leggere la questione in chiave solo occidentale. Non ci dimentichiamo che in Libia c’è una forte presenza jihadista”. Una serie di concause, dunque, avrebbe determinato lo stato d’emergenza in Libia e “qualcuno” (lo stesso “qualcuno” di cui ha parlato Matteo Salvini) avrebbe poi cavalcato abilmente la situazione. Ne è convinto Ranieri Razzante, presidente dell’Aira (Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio). “La Libia – dice a La Notizia – è una polveriera. Non potevamo mica illuderci che ci fosse una stabilità. Ci sono degli interessi economici forti, ma c’è di più”.

In che senso?
“Dietro ci potrebbe essere anche la mano di fazioni jihadiste che vogliono destabilizzare il Paese e che ora hanno impresso un’accelerazione”.

Ma l’Isis non è stato sconfitto?
“Solo apparentemente. Non ci dimentichiamo, peraltro, che lì c’è una corposa presenza di terroristi soprattutto di al Qaeda. E, in prossimità di elezioni, potrebbe essere in corso un tentativo di mostrare la propria forza. Insomma, è sbagliato dare una lettura troppo occidentale alla questione, anche se è indubitabile che su questo caos sospingono interessi privati”.

Di chi, secondo lei?
“In primis della Francia. La miccia si innesca facilmente data la situazione esplosiva della Libia. Che dietro questa miccia ci sia Macron, mi pare abbastanza ovvio. D’altronde che la Francia stia agendo fuori dai propri confini perseguendo gli interessi nazionali, anche andando contro quelli della coalizione di cui fa parte, è un dato di fatto”.

A cosa potrebbe mirare, secondo il suo punto di vista, l’atteggiamento della Francia?
“Ci sono innanzitutto ragioni economiche, visti i forti interessi che Parigi avanza sul petrolio libico. E che contrastano con quelli italiani, come si sa. Ma c’è anche di più”.

Ci dica.
“Non vorrei fare dietrologia, ma nel 2019 ci saranno le elezioni europee ed è indubbio che lo scontro politico sarà proprio quello tra Macron e Salvini. È un fatto che guerra e disordini danneggiano innanzitutto l’Italia perché ci saranno nuovi migranti che partiranno alla volta del nostro Paese. A rischio, in questo senso, potrebbe essere la politica migratoria inaugurata da Salvini”.

Pensa che tutto questo sia voluto per destabilizzare il Governo?
“Diciamo che la situazione che si sta creando potrebbe certamente destabilizzare l’Italia”.

In questa situazione critica, resta un unico grande assente: l’Europa.
“Io mi auguro che Bruxelles si agganci al treno Nato per recuperare un po’ di credibilità e parlare chiaramente anche con la Francia, l’unico Paese che non appoggia al Serraj”.

È un augurio o secondo lei c’è margine che accada?
“Diciamo che non sono molto ottimista sul fatto che l’Europa alla fine si butti in questo avvitamento”.

Ultima domanda: Macron preme per elezioni a dicembre che avvantaggerebbero Haftar. Secondo lei è uno scenario possibile?
“Come si può arrivare a elezioni democratiche in un Paese che è allo sbando totale? Non credo sia sensato andare alle elezioni se poi non puoi mettere nemmeno un seggio che te lo fanno saltare in aria”.