L’unica vittoria di Renzi: con la sua legge elettorale i Cinque Stelle non vanno a Palazzo Chigi. Quasi impossibile fare un Esecutivo, se non un Governo di scopo. E Mattarella non potrà limitarsi a fare il notaio

L'unica vittoria di Renzi: con la sua legge elettorale i Cinque Stelle non vanno a Palazzo Chigi. Impossibile fare un Esecutivo, se non un Governo di scopo

La legge perfetta per lasciare il Paese senza governo ha funzionato. Con i numeri conosciuti fino alle 2 di notte nessuna maggioranza è possibile. La consolazione per chi ha guidato il Pd negli ultimi anni è – suo malgrado – solo una: avessimo votato con il premio di maggioranza o con l’Italicum in un primo momento sostenuto da Renzi, oggi avremmo un Esecutivo a Cinque Stelle. Per il resto, dignità politica imporrebbe al segretario dem di trarre le conseguenze e togliere il disturbo. Si è messa in piedi una legge elettorale che rischia di far perdere tutti. Il Movimento, anche sopra al 30% è difficile che possa fare accordi o trovare in Parlamento i voti che occorrono a sostenere un premier, così com’è altrettanto difficile che ci riesca il Centrodestra, nonostante il traino che arriva dall’affermazione della Lega. La suggestione di un accordo M5S e Lega è molto improbabile, non solo perché è difficile immaginare Salvini come epigono di Fini e Alfano.

Il pallino è dunque più che mai nelle mani del Presidente della Repubblica, che malgrado lo stile quasi notarile di Mattarella, questa volta non potrà limitarsi ad ascoltare i leader durante le consultazioni, ma dovrà costruire insieme a loro – forse insieme a tutti i tre maggiori schieramenti – il percorso per andare ad approvare in fretta una nuova legge elettorale più onesta ed efficace, per poi tornare rapidamente a votare. Con i numeri di ieri questo significherebbe preparare il campo a una futura maggioranza grillina, di fronte alla quale Centrodestra e Pd questa volta non potranno opporre resistenza. Non c’è bisogno di avere i dati definitivi di oggi per renderci conto che l’ipotesi comunque lontana di un accordo delle Larghe intese, sul modello tedesco, non si può più fare. Il Paese d’altra parte si è radicalizzato nelle sue scelte. Alla protesta fortissima espressa attraverso l’astensionismo (siamo comunque attorno ai livelli minimi storici) si sono confermate la crescita dei Cinque Stelle e della Lega, cioè le forze di maggiore rottura con un sistema che ha deluso soprattutto dal punto di vista dell’economia al Sud e della sicurezza e politiche dell’immigrazione al Nord. In questo quadro si leggeranno poi le partite interne alle aree politiche, con la Lega partita dalle macerie in cui l’ha presa Salvini e arrivata a superare Forza Italia, la scissione dal Pd fatta da Liberi e Uguali utile solo a fare affondare ancora di più Renzi, e dentro al Pd una sconfessione dell’elettorato per la dirigenza renziana. Tutti aspetti che nelle prossime ore saranno meglio analizzati, ma che adesso lasciano il passo a come fare a tirare il ragno dal buco a partire dai primi adempimenti parlamentari, cioè l’elezione dei presidenti e degli uffici di presidenza di Camera e Senato. Già in questi ambiti in qualche modo si dovranno trovare delle maggioranze, dalle quali partire per ipotizzare un governo di qualunque genere e colore, fosse anche semplicemente di scopo, cioè destinato a fare la sola legge elettorale.

ACCROCCHI PERICOLOSI
Nel frattempo il Paese ha un orologio che corre veloce. Il quadro globale sta cambiando. La politica monetaria accomodante della Banca centrale di Mario Draghi prima o poi dovrà terminare, in Germania ormai c’è un Governo, e l’obiettivo di Berlino sarà sempre di più quello di fare fronte con Parigi per farsi i loro interessi. Negli Usa i tassi saliranno presto e i mercati torneranno a fare i loro giochi. Potremo permetterci in un contesto come quello appena tracciato di non avere un vero Governo? Ovviamente no, e dunque di eventuali “responsabili” convinti a clamorose giravolte pur di sostenere un eventuale accrocco, alla fine farebbero solo i loro interessi personali e non certo quelli di un’Italia che può sperare di crescere solo con un Esecutivo in carica e che torni a realizzare le riforme necessarie.