Periferie condannate al degrado. Un flop i progetti di riqualificazione. Sono serviti a poco i due miliardi stanziati da Renzi. La Corte dei Conti: partito solo il 20% dei progetti

Non c’è speranza per le periferie italiane. I quartieri dove il disagio sociale è profondo e il degrado dilagante sembrano condannati a dover restare un ghetto. Impossibili da riqualificare anche quando ci sono le risorse necessarie. Troppo burocrazia e troppe norme confuse. A fare una fotografia impietosa di una simile realtà è la sezione centrale di controllo sulle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, in una relazione incentrata proprio sulla riqualificazione delle aree urbane degradate.

I BUONI PROPOSITI. Il governo Renzi programmò, con la legge di stabilità per il 2016, una serie di interventi per risollevare le aree urbane in stato di marginalità economica e sociale, di degrado edilizio e con servizi carenti, affidando il piano al Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Vennero presentati progetti di riqualificazione da numerosi Comuni e Città metropolitane e alla fine ne vennero approvati ben 120. Un lungo elenco di cantieri del valore pari a 3.881 milioni, quasi 4 miliardi di euro, con ben 2.061 milioni da imputare al bilancio statale. Disponibili dunque idee, strutture per portarle avanti e risorse. Ma non è bastato.

L’INTOPPO. Indagando su che fine avessero fatto quei progetti necessari a cancellare il degrado che regna nelle periferie di troppe città italiane, la Corte dei Conti ha ora scoperto che sono stati avviati soltanto 24 progetti. Gli altri 96 sono rimasti impantanati. Sempre per le solite piaghe tutte italiane. I rallentamenti, stando a quanto appurato dai magistrati contabili, sarebbero infatti dovuti principalmente al sopravvenire di modifiche legislative, alla complessità dei procedimenti di finanziamento e alla discontinuità dell’azione di impulso amministrativo. Solita burocrazia e solito ginepraio normativo insomma.

IL FUTURO- Il piano introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 ha attribuito ai Comuni la facoltà di elaborare dei progetti di riqualificazione urbana, coordinando interventi finalizzati alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale. Con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 giugno 2017 è stato inoltre adottato e affidato al Dipartimento delle pari opportunità di Palazzo Chigi il relativo “Piano nazionale”, con un budget di poco superiore ai 268 milioni di euro. Un provvedimento in cui sono state indicate anche, in relazione a tali disponibilità, le prime 46 amministrazioni comunali beneficiarie dei finanziamenti.

L’avviso pubblico per accedere ai benefici è stato pubblicato nell’ottobre 2015 e la fase di valutazione dei 451 progetti ammessi è terminata nell’aprile 2017. Ma pure tale piano fatica appunto ad avanzare, tanto che per i 46 comuni risultano erogati soltanto 4,7 milioni di euro su un totale impegnato di 16,5. E per gli altri sono addirittura ancora in corso le procedure di perfezionamento delle convenzioni. Qualcosa però si può fare per correggere la rotta. Almeno secondo la Corte dei conti. I magistrati hanno chiesto al Parlamento, a Palazzo Chigi, al Mef e al Mit di recuperare entro sei mesi i ritardi segnalati, semplificando il quadro di riferimento, sia normativo che procedurale. Segnalate inoltre le necessità dello sviluppo di un sistema di controlli e di verifiche in loco, oltre alla predisposizione di indicatori e parametri idonei a valutare l’impatto degli interventi realizzati.