Pioggia di soldi per i farmaci contro il tumore, ma neanche un euro alle cure innovative. Il regalo del Governo alle aziende farmaceutiche

Oltre 500 milioni di euro per i farmaci contro il tumore. Nemmeno un euro alla radioterapia oncologica di ultima generazione. Una tecnica che ha una comprovata funzione curativa

Oltre 500 milioni di euro per i farmaci contro il tumore. Ma nemmeno un centesimo destinato alla radioterapia oncologica di ultima generazione. Una tecnica che ha una comprovata funzione curativa, abbattendo anche i costi sul lungo periodo, sempre che la cura sia praticata in tempo e senza complicazioni. Insomma, mentre il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, insieme alle ministre Maria Elena Boschi e Beatrice Lorenzin, raccontano che la nuova Costituzione favorirebbe pure la lotta al cancro, nella Legge di Bilancio mancano gli stanziamenti per l’ammodernamento tecnologico. A gongolare sono le case farmaceutiche, che vedono premiata l’azione di lobbying con l’arrivo di una vagonata di soldi. Certo, sono risorse preziose per dare una speranza ai malati. Ma nella manovra viene ignorata un’altra fetta di popolazione, dando allo stesso tempo uno schiaffo alle aziende produttrici di macchinari. “Non bisogna ragionare in antitesi rispetto al finanziamento del farmaco, ma è necessario pensare a un’azione congiunta. Perché una cosa non esclude l’altra”, suggerisce il primario dell’ospedale “Giuseppe Moscati” di Taranto, Giovanni Silvano, che ben conosce la materia avendo ricoperto il ruolo di coordinatore del tavolo tecnico in Puglia sulle apparecchiature per la radioterapia oncologica.

Tanti soldi – La manovra, attualmente all’esame della commissione Bilancio della Camera, mette a disposizione 500 milioni di euro aggiuntivi sui 2 miliardi complessivi stanziati in più rispetto al fondo sanitario nazionale. Si tratta, insomma, del 25% totale. Altri 325 milioni andranno infatti ai farmaci innovativi biosimilari, mentre 185 milioni finanzieranno i vaccini.  Il restante miliardo sarà investito per il personale. Ma soprattutto i fondi sono a regime, saranno perciò erogati tutti gli anni con lo scopo di far fronte alla spesa dei farmaci antitumorali, vista la crescente richiesta dei paziente. Un’operazione meritoria per la salute dei malati e benedetta dalla grande industria farmaceutica. Ma d’altra parte mancano gli investimenti in innovazione. L’unico capitolo è infatti il fascicolo sanitario elettronico. In pratica il fondo, istituito nel 2006, non ha ricevuto alcun rifinanziamento, ritrovandosi di fatto senza alcuna risorsa. “È giusto che tutti possano accedere ai farmaci, ma devono poter aver accesso anche alle cure radioterapiche più moderne senza essere costretti a spostarsi dalla propria regione”, ragiona Silvano. Il motivo? “Alcuni tipi di cancro, tra cui quello alla prostata, alla cervice uterina, ma anche quella al polmone e testa-collo, possono essere guariti oltre che con la chirurgia grazie alla radioterapia oncologica. O al massimo potrebbero richiedere di essere uniti a farmaci antiutumorali a basso costo”, spiega ancora il primario di Taranto. A pagare dazio, come sempre, sono le regioni meridionali: salvo alcuni casi virtuosi, nel Mezzogiorno è difficile poter far ricorso alla radioterapia oncologica, costringendo spesso i pazienti bisognosi di queste cure a lunghi spostamenti verso il nord.

Piccolo sforzo – Le risorse richieste dall’Associazione Italiana Radioterapia Oncologica (Airo) non vogliono comunque far saltare il banco. La deputata del Pd, Maria Amato, si è così fatta carico della proposta da inserire nella Legge di bilancio: istituire un nuovo fondo vincolato, destinato alla radioterapia oncologica di ultima generazione, prevedendo che sia finanziato con 30 milioni da destinare ogni anno. In questo modo, secondo la stima fornita dall’Airo, entro il 2025 si potrebbe coprire il fabbisogno nazionale di apparecchiature. “Le terapie oncologiche non prevedono esclusivamente il ricorso ai farmaci, ma anche l’ausilio di strumenti tecnologici di precisione in materia di radioterapia, non sempre disponibili presso strutture sanitarie pubbliche”, ha sottolineato Amato. Per questo la deputata ha tentato di far “adottare misure per rendere più facilmente fruibili tali apparecchiature”. E così dalla manovra 2017 potrebbero uscire tutti soddisfatti.