Politici allergici alla trasparenza. Top secret i nomi dei donatori. Le norme ci sono, ma in molti non le rispettano. Dalla Meloni alla Boschi ecco chi occulta i finanziatori

Vade retro trasparenza. Altro che palazzi del potere come cristalli. I politici quando si tratta di soldi sembrano pronti a tutto pur di mantenere la massima riservatezza, a partire da quella di chi ha fatto loro delle donazioni e di chi finanzia i partiti. Le tante norme per far conoscere prima possibile e al maggior numero di cittadini possibile somme piccole e grandi gestite dalla politica restano poco più che un libro delle buone intenzioni. E per chi è costretto a dichiarare gli oboli ottenuti c’è sempre il bianchetto con cui cancellare tutto il cancellabile. Un sistema comune, da destra a sinistra, come sottolinea ora la fondazione Openpolis.

Negli ultimi anni il finanziamento pubblico ai partiti è stato man mano abolito e a sostenere le diverse organizzazioni sono subentrati sempre più i privati. Ben 22 milioni di euro il totale delle donazioni fatte ai partiti nel 2018. Gli sforzi per arrivare a un sistema realmente trasparente sembrano però essere stati vani. Sui rendiconti delle spese elettorali dei parlamentari, le loro dichiarazioni patrimoniali e i bilanci dei partiti sono state messe a punto norme apparentemente stringenti per dare delle informazioni corrette ai cittadini, come rivela appunto Openpolis, le stesse però sono quasi sempre inutilizzabili e inaccessibili. Anche quando c’è l’obbligo di pubblicazione, i diversi dati vengono forniti in formati che non li rendono pienamente accessibili, consultabili e riutilizzabili. Senza contare che quasi tutti i politici oscurano i nomi dei finanziatori.

Un esempio le dichiarazioni fatte in tal senso dai deputati dem Emanuele Fiano e Maria Elena Boschi, il primo per contributi da 15mila euro e la seconda per un contributo da 9mila, e dalla deputata Giorgia Meloni, leader di FdI, su 20mila euro ottenuti per la campagna elettorale. Impossibile sapere chi li ha finanziati. “I casi sono numerosi, – sottolinea Openpolis – e coinvolgono politici di tutti gli schieramenti in Parlamento”. I documenti presentati dai politici sono inoltre di solito scritti a mano e di frequente è difficile anche comprendere la grafia. E la commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici? Più volte ha lanciato l’allarme specificando che con le poche risorse a disposizione non può svolgere il proprio lavoro di vigilanza. A pagare per una così strenua difesa di un sistema opaco come sempre è il Paese. “Non avere reali dati a disposizione sul tema dei soldi alla politica rende il sistema più vulnerabile”, denuncia Openpolis. Difficile darle torto.