Quanto ci costa il silenzio dei marò

di Angelo Perfetti

Il conto del caso-Marò: credibilità persa e soldi buttati a mare

Quanto c’è costata la storia dei due marò? Tanto, tantissimo. Troppo. Prima di tutto in termini di credibilità internazionale, poi rispetto alle mancate commesse internazionali, e infine – ultimo ma non ultimo – per lo spreco di risorse e denaro che per motivi diversi sono stati spesi in questi due anni. Abbiamo perso i soldi e la faccia, e dopo due anni i marò – incolpevoli servitori dello Stato – sono alloggiati in ambasciata a spese dei contribuenti italiani che, come al solito, devono pagare di tasca propria le inefficienze della politica. Ma andiamo con ordine.

La figuraccia internazionale

Se i soldi sono importanti, lo è ancor di più la credibilità di un Paese, la sua capacità di farsi rispettare. Quest’ultima attitudine, ingenera reazioni a cascata anche in termini economici e sociali. Sul fronte della forza internazionale siamo alla Caporetto. Abbiamo abdicato alla sovranità nazionale riconsegnando la Enrica Lexie che pure navigava in acque internazionali; abbiamo fatto carcerare i nostri fucilieri di marina senza uno straccio di prova (anzi, le poche prove esistenti erano a favore dei nostri soldati. Poi quelle prove sono sparite e perfino la barca “vittima” del presunto agguato è stata affondata); li abbiamo rispediti in India dopo aver avuto la possibilità di rimpatriarli; abbiamo tenuto un profilo basso senza alzare mai la voce, in nome di una necessità di un processo rapido ed equo, come più volte detto dal ministro Bonino, che a tutt’oggi possiamo ben dire né sia stato l’uno né sarà l’altro.

Il tutto per evitare di perdere le commesse Finmeccanica per 12 elicotteri, un ordine da 556 milioni di euro. L’India ha sospeso i pagamenti verso l’azienda anglo-italiana dopo aver ricevuto i primi tre elicotteri, e successivamente ha cancellato l’ordine per gli altri nove.

La scusa è stata l’inchiesta che a febbraio ha portato all’arresto di Giuseppe Ordi (Ad di Finmeccanica) e Bruno Spagnolini (Ad di Augusta Westland); una scusa, perché da febbraio ad oggi è passato un po’ di tempo, e nel frattempo l’unica prova di forza del governo italiano, ossia il diniego di mandare in India gli altri quattro fucilieri di pattuglia a bordo della Enrica Lexie per essere interrogati, ha provocato l’immediato irrigidimento del governo indiano. Come da tradizione, cornuti e mazziati.

Il costo della titubanza

Ma non ci sono solo i mancati introiti della Finmeccanica nel saldo negativo di questa storia. L’inviato speciale del governo per la crisi dei marò, Staffan de Mistura (nella foto), è arrivato ieri a New Delhi per una nuova missione legata a sviluppi della vicenda. E’ il nono viaggio che de Mistura fa in India nel giro di due anni, una media di un viaggetto ogni tre mesi, tutto ovviamente a spese dello Stato, con voli business e permanenza nei migliori alberghi di Nuova Delhi, come si conviene al rango. Tutto accettabile, se questi viaggi avessero portato a qualcosa. Invece sono due anni che arriviamo, salutiamo, e ce ne torniamo a casa con le pive nel sacco.

Una prigione dorata

Latorre e Girone erano soldati imbarcati, facevano il proprio mestiere con rigore. Non è certo colpa loro se uno Stato debole li ha lasciati in pasto agli indiani. Poi le cose, seppur complicate a livello giudiziario, si sono un po’ sistemate a livello formale. I due marò sono usciti di prigione e oggi lavorano all’interno dell’ambasciata italiana a Nuova Delhi. Per cui oltre a percepire lo stipendio da soldati, circa millecinquecento euro al mese, risultano in carico all’ambasciata come personale in servizio all’estero, il che banconota più banconota meno pesa circa 180 dollari al giorno. Calcolatrice alla mano, fa uno stipendio di oltre seimila euro al mese, Il tutto moltiplicato per due. Vitto e alloggio in una delle ambasciate italiane più belle. Ben altro costo per lo Stato se i due soldati fossero rientrati in patria e alloggiati nelle caserme di competenza.

Feste e cotillion

Chiariamo subito: nessuno scandalo nel mandare da Girone e Latorre familiari e partenti vari per abbracciarli durante le feste natalizie. Il punto però, è che all’ambasciata indiana sono arrivate circa quaranta persone, il cui viaggio, alloggio e festa di fine anno è stato pagato dallo Stato. Cioè da tutti noi. Era inevitabile, al punto in cui siamo, e comunque apprezzabile; i nostri soldati non devono essere la sciati soli, e soprattutto in momenti come quelli delle festività devono sentire il calore dei propri cari e la vicinanza dell’Italia. ma sono comunque soldi sprecati, buttati via per colpa di un governo (anzi due) che non sono stati capaci di restare con la schiena dritta di fronte alle pressioni degli indiani. Quando i nostri marò torneranno definitivamente a casa – perché all’ipotesi di pena capitale non vogliamo nemmeno pensare – nessuno venga a raccontarci della bravura del governo. Sarebbe l’ultima intollerabile presa in giro. A quel punto il profilo basso usato con gli indiani, sarà bene usarlo con gli italiani. Per rispetto.

Così l’ex ministro Di Paola ha fatto fortuna alla corte di Finmeccanica

Evidentemente il concetto di “conflitto di interessi”, nella sua accezione più ampia, è di difficile comprensione in Italia. Non è un caso che sul caso-Berlusconi, portato avanti per un decennio, si sono succeduti governi a guida destrorsa e sinistrorsa, ma nessun è arrivato a dama. E allora perché scandalizzarsi se proprio il ministro che più di altri si batté, nell’era del governo Monti, per rispedire i due fucilieri di marina in India e tutelare così la commessa ultramilionaria per 12 elicotteri AgustaWestland sia oggi diventato consulente proprio della casa madre di chi produce gli elicotteri, cioè di Finmeccanica?

Il baratto

“I soldati come merce di scambio”, taglia corto il generale Fernando Termentini – laureato in Scienze Strategiche e consulente internazionale -. Una merce “ immediatamente resa disponibile dall’Italia come possibile contropartita per rabbonire la controparte indiana adirata non per le tangenti o commissioni che dir si voglia, ma perché i fatti erano diventati di dominio pubblico, rivelando al mondo la sensibilità di personalità indiane a proposte corruttive. L’evidenza dei fatti diventa tangibile il 22 marzo 2013, quando Latorre e Girone furono fatti rientrare in India con una decisione inaspettata ed improvvisa, diversa da quella che aveva indotto a comunicare all’India che i due militari al termine del permesso elettorale non sarebbero rientrati a Delhi ma trattenuti in Italia in attesa di un arbitrato internazionale. Una decisione fermamente osteggiata dal Ministro degli Esteri Giulio Terzi che con pregevole senso dello Stato formalizzò le proprie dimissioni, ma invece condivisa dal Responsabile del Dicastero della Difesa, Ammiraglio Di Paola che attraverso una circostanziata dichiarazione in Parlamento, prese le distanze dalla decisione del collega degli Esteri dichiarando di non voler ”abbandonare la nave”. Le parole pronunciate in Parlamento il 21 marzo 2013 dall’ex Ministro Di Paola, potevano sembrare , in prima approssimazione, una delle più belle espressioni delle antiche tradizioni marinare, ma per molti la chiave di lettura fu diversa.

La nuova poltrona

“Aveva deciso di non lasciare un battello ormai alla deriva – prosegue Termentini – dopo avere abbandonato i propri uomini in mano al nemico, e rimaneva aggrappato ad una zattera che nel tempo lo avrebbe condotto in un porto sicuro. Ipotesi maliziose che notizie di questi giorni trasformano in certezza”. Nel quadro del riassetto del vertice di Finmeccanica, infatti, ormai prossimo ad essere attuato, l’ex ministro della Difesa Di Paola dovrebbe entrare – per il momento – nella società con il ruolo di consulente, ma la situazione potrebbe velocemente mutare nel corso del 2014. Una collaborazione che apparentemente rispetta la norma di incompatibilità per i Ministri a ricoprire per un anno dalla fine del mandato incarichi in strutture collegabili al pregresso incarico istituzionale. Essere consulente, infatti, non significa entrare nell’organico di Finmeccanica. Resta però il fatto che esiste un contratto oneroso tra Finmeccanica e uno dei ministri che ne caldeggiò le esigenze rimandando – con costi a carico della collettività – i due marò a Nuova Delhi prenderà un posto di responsabilità in quell’azienda. Di Paola guiderà il nuovo Comitato per le strategie internazionali, ma nei prossimi mesi potrebbe ampliare il proprio raggio d’azione. Con tanti saluti ai marò.