Quello di Fazio è il Festival dei bisognosi

di Lidia Lombardi

Dario Salvatori sta alla storia della musica leggera come Mike Bongiorno a quella del quiz. O come Giulio Andreotti a quella dell’Italia secondo Novecento. Un monumento. Non per niente il suo nuovo libro, Il dizionario della canzone, è molto più di un’antologia nella quale racconta, una per una, 12 mila canzoni. Proprio questa sua attitudine alla misura rende insolito il vigore con il quale critica – dopo aver definito la Littizzetto “cessa arrapata” su Unomattina – Sanremo 2014. Una kermesse che conosce come le sue tasche, per averla vissuta dai mitici Sessanta.
Salvatori, perché quest’anno il Festival piace meno?
“Perché Fabio Fazio ha voluto confezionarlo a propria immagine, senza ascoltare nessuno, imponendo il proprio cast e la propria scaletta. Ha fatto come gli è parso e piaciuto. Ogni errore è imputabile a lui. Ha scelto le canzoni una per una. E ha mandato in gara una schiera di bisognosi”.
Bisognosi?
“Bisognosi di rilancio della propria carriera. Da Ron, che ha cominciato quarant’anni fa, a Giusi Ferreri. Allo stesso Franckie Hi Nrg, che da vent’anni ci prova con il rap e che ha creato, con Pedala, un pezzo paraculo. Invece di essere al servizio di Sanremo mettono Sanremo al proprio servizio”.
Si dice però che solo dopo una settimana di ascolto il pubblico si affeziona alle canzoni.
“Sa che cosa penso? Che non canteremo nessuna di loro e che le sentiremo poco perfino nelle radio”.
Eppure il direttore di Rai1 Giancarlo Leone si è già sbilanciato a proporre a Fazio la conduzione del Festival 2015.
“Ci vuole un bel coraggio. E un bel coraggio avrebbe Fabio ad accettare. Un crollo di nove punti rispetto allo scorso anno non è cosa da niente. Eppure nessuno si è ufficialmente fatto domande sulla débacle. I giornalisti nicchiano, conformisticamente. Nella sala stampa dell’Ariston si assiste ogni giorno a una standing ovation in casa”.
Al giro di boa della quarta puntata entra in scena la giuria di qualità. Presiede Paolo Virzì, gli altri sono Silvia Avallone, Aldo Nove, Maranghi, Lucia Ocone, Paolo Jannacci, Silvio Orlando, Giorgia Surina, Rocco Tanica, Anna Tifu.
“E sarà un altro errore. Dei dieci che la compongono, tutti selezionati da Fabio Fazio, sette sono incompetenti. Ci sono un regista, due scrittori… bah….”.
Ma ci sarà pure qualche brano da salvare!
“Forse quello di Giuliano Palma, che ci ha messo un po’ di swing. E forse Ron, che voleva passare col secondo pezzo”.
Da condannare pure lo show?
“Manca una narrazione televisiva. E’ tutto un déjà-vu. Mi spiegate perché la Littizzetto deve imporsi con l’editoriale sulla bellezza, un pistolotto di un quarto d’ora. E perché ogni suo intervento debba contenere il turpiloquio? Senza parlare degli orpelli, messi lì a fare scena, ma senza nessun sentimento. Come quello del critico d’arte Fulvio Caroli, incapace di parlare di Van Gogh se non leggendo su un foglietto spiegazzato”.
Che cosa bisogna cambiare, allora, per far funzionare il festival?
“Urge uscire dall’equivoco del presentatore che è allo stesso tempo direttore artistico. Fazio sarà pure bravo nel primo ruolo, anche se non mi convince il suo stile asettico. Ma la scelta delle canzoni va affidata a persona diversa. Invece lo si è lasciato fare”.
Lei quando torna in video?
“A marzo. Con una storia del rock in sessanta puntate. L’avevo proposta appunto alle reti generaliste, ma ormai queste cose pare non debbano più avere contenitori così. Allora la farò per Rai Movie”.