Scontro Social tra virologi, Tarro querela Burioni. Lo scienziato allievo di Sabin imputa al collega star della tv di averlo screditato con false accuse

Rischia di finire davanti a un giudice la querelle social scatenata dal virologo Roberto Burioni, professore alla Cattolica di Milano, nei confronti del collega Giulio Tarro. Proprio quest’ultimo ieri ha incaricato l’avvocato Carlo Taormina per sporgere una querela nei confronti dello scienziato, diventato un fenomeno del web, e anche due giornalisti, rispettivamente de L’Espresso e del Foglio, per quella che definisce una continua opera “di denigrazione perpetrata a danno del suo prestigio scientifico, professionale e personale”.

A far scattare questa faida tra scienziati sono stati proprio gli articoli di giornale in cui, secondo quanto si legge in denuncia, sono state riportate “notizie false intorno al suo curriculum universitario” arrivando “addirittura ad accuse di manovre truffaldine tendenti a far emergere un’immagine di studioso e di scienziato attraverso la contraffazione di titoli e di risultati della propria ricerca scientifica”.

Testi che hanno offerto la palla al balzo a Burioni, da tempo ai ferri corti con il collega, per lanciarsi all’attacco con numerosi post su Twitter tra cui uno in cui ha affermato: “Tarro è stato candidato al Nobel quanto io a Miss Italia”. In realtà alla base dello scontro tra i due scienziati c’è una differente visione della pandemia da covid-19, con il primo professore della Cattolica che, dopo una prima fase in cui sosteneva che in Italia il rischio era pari a zero, si tratta di un’emergenza critica e il secondo, virologo stimato all’estero e discepolo di Albert Sabin ossia del padre del vaccino contro la poliomelite, che predica calma perché la mortalità è più bassa di quanto si creda e la terapia esiste già ed è quella basata sul plasma dei guariti.

Affermazioni che non sono andate già a Burioni, il quale infatti sostiene l’esatto opposto, ma che recenti studi hanno confermato tanto che è ormai accertato che i reali contagiati sono molti di più di quanto rilevato dai tamponi e il plasma, ad oggi, è considerata la cura più promettente in attesa di un vaccino.