Soffiate sulle inchieste romane. Condannata la talpa della Procura. Otto anni alla cancelliera del magistrato Racanelli. In carcere pure sei poliziotti e un imprenditore

Il loro lavoro era combattere la criminalità. Eppure bastava una mazzetta per convincere alcuni agenti e una funzionaria della Procura di Roma a chiudere un occhio e spifferare agli indagati tutti i segreti delle inchieste a loro carico. Un giochetto che durava da anni ma su cui ieri è stata messa la parola fine con la condanna di dieci persone, tra cui quella a otto anni nei confronti di Simona Amadio ossia la talpa di piazzale Clodio accusata di aver fatto da informatrice per l’imprenditore Carlo D’Aguano, titolare di bar e sale giochi nonché vicino agli ambienti della Camorra.

Allo stesso re delle slot è stata inflitta una pena di nove anni mentre per gli altri imputati, tra cui diversi poliziotti, le condanne sono state da un minimo di due ad un massimo di sei anni. Tra gli agenti c’è anche Angelo Nalci, compagno della Amadio e all’epoca dei fatti addetto all’ufficio scorte della Questura di Roma, e Francesco Macaluso, un tempo considerato un eroe senza macchia e premiato per aver salvato la vita di un disperato che voleva tuffarsi da un balcone. Atti eroici che tutti i condannati non potranno mai più ripetere perché, ad eccezione dell’imprenditore, il tribunale di Roma ha dichiarato estinto il loro rapporto di lavoro con l’amministrazione di appartenenza e quindi dovranno appendere la divisa al chiodo.

SPY STORY ALL’ITALIANA. In questa incredibile spy story all’italiana, tutto ruoterebbe attorno al re delle sale giochi. Un imprenditore spregiudicato che negli ultimi anni aveva effettuato diversi e importanti investimenti. Ma dopo esser finito nel mirino della magistratura e temendo per le eventuali conseguenze che un’indagine avrebbe avuto sui suoi affari, D’Aguano decideva di mettersi in moto e così cercava contatti con qualcuno che potesse aiutarlo. Così scopriva che la persona perfetta per lo scopo altri non era che la cancelliera infedele, per giunta in servizio nell’ufficio del procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli. A raccontarlo è la donna stessa in una delle tante intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta. La più importante è quella tra la Amadio, nota anche al di fuori di piazzale Clodio per essersi candidata con la Lista legata a Matteo Salvini alle comunali del 2016, e il fidanzato Nalci.

DICHIARAZIONE D’INTENTI. A parlare, in una sorta di monologo che sa di manifesto programmatico delle attività dei condannati, è la cancelliera che spiegava: “Io Carlo (D’Aguano, ndr) me lo voglio tenere, allora tu devi pensare amore, che come tutti gli impiccionì lui ha amici poliziotti… la talpa in Procura… la prima cosa che mi ha chiesto è: mi posso fidare?… a lui gli serve un appoggio in Procura, cioè qualcuno che va ad aprire e va a vedere”. La leghista di ferro, dopo una breve pausa, sembrava quasi stizzita: “Ma questa gente che pensa che io veramente da 23 anni sto a pettinare le bambole dentro alla Procura, prima di Milano e poi quella di Roma? Se voglio arrivo dappertutto e a me nessuno mi dice di no”. E infatti per arrivare alle informazioni che le sarebbero servite, prosegue nella confessione shock a Nalci, aveva già le idee chiare: “il collega che mi ha fatto il favore di fare i tabulati, lo sa che io mi faccio tagliare la gola ma i tabulati non escono fuori. A me nessuno mi dice di no… ma non perché sono un Padre eterno… perché in questi anni, forse, tra le tante sventure che mi sono capitate nella vita ho dato qualcosa a chi mi stava di fronte… quindi come si muovono, si muovono male“.