Il nuovo padrone in redazione. La Cassazione sancisce che la Rai non è lottizzata. Tra cavilli e querele folli muore la libertà di stampa

Il nuovo padrone in redazione. La Cassazione sancisce che la Rai non è lottizzata. Tra cavilli e querele folli muore la libertà di stampa

di Francesco Bonazzi

Forse i giornali del futuro, per lorsignori, dovranno essere come certi telegiornali. “Renzi ha detto”, “Salvini ha ribattuto”, “Ancora una strage del sabato sera”, “Ma per fortuna è legge l’omicidio stradale”. Notizie niente, solo ping-pong politico e tanta cronaca, bianca o nera. E’ il presagio che si ricava dal  continuo fiorire di sentenze creative che condannano giornali e giornalisti a risarcire cifre assurde per articoli che a volte sfioravano il banale, ma che non sono piaciuti a qualche potente. Un esempio illuminante è arrivato nei giorni scorsi dalla Corte di Cassazione, che ha ribaltato due gradi di giudizio per dare ragione a due dirigenti Rai che si erano sentiti danneggiati da un’inchiesta di Libero sulla lottizzazione a viale Mazzini, fenomeno che come è noto non esiste. Nel febbraio del 2015 la Corte d’Appello di Milano aveva assolto dall’accusa di diffamazione Oscar Giannino, Alessandro Sallusti (all’epoca direttore di Libero) ed Enrico Paoli.

LO SCHEMA – La sentenza della Quinta sezione ricorda che il quotidiano ben sette anni fa (anche questo dovrebbe far riflettere) pubblicò uno schema con tutta una serie di dirigenti Rai divisi per appartenenza politica, rappresentata da diversi colori, “così da ingenerare nel lettore la convinzione che tale appartenenza, piuttosto che le competenze professionali, avesse determinato l’assegnazione della carica in modo da rispettare il peso elettorale di ogni partito”. Di peggio, in effetti, c’è solo pubblicare una mappa ragionata con i capi degli uffici giudiziari, divisi per corrente. In quel caso ti vengono direttamente a prelevare a casa (poi comunque ti prendono anche i soldi).

VELINE – Nella vicenda Libero-Rai, infine, la Cassazione ci fa notare che “risulta erroneo l’assunto delle sentenze di merito secondo cui i giornalisti si sarebbero limitati ad attaccare il sistema della lottizzazione e non i lottizzati, apparendo indiscutibile che questi ultimi, marchiati nominativamente come tali, abbiano visto lesa la propria dignità professionale”. E poi ecco la perla definitiva: “Lo schema non proveniva dalla Rai”. Nella perfetta società dell’informazione che stiamo edificando a colpi di querele temerarie, riforme bavaglio e sentenze-pilota, ogni potere fornirà alla stampa il suo “schema” ufficiale, magari in prestigiosa cartellina. Poi ci si stupisce se quest’anno, nella classifica di Reporter senza frontiere, l’Italia è crollata al settantatreesimo posto nella classifica della libertà di stampa. Tra le cause indicate, proprio le querele a scopo di censura.