Tangentopoli in Lombardia. Gli indagati vuotano il sacco. Altitonante (FI) rompe il muro del silenzio. E tre imprenditori confermano la corruzione

L'inchiesta sulle tangenti in Lombardia è un fiume in piena

Ormai è chiaro, l’inchiesta sulle tangenti a Milano è un fiume in piena. Dopo gli arresti e le nuove iscrizioni al registro degli indagati, inclusa quella del governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana, si susseguono a ritmo serrato gli interrogatori a carico dei numerosi protagonisti. Prima sono stati sentiti gli uomini finiti in carcere mentre da ieri sono iniziati quelli a carico di coloro ai quali sono stati inflitti i domiciliari. E se i primi hanno scelto in massa di avvalersi della facoltà di non rispondere, qualcosa sembra finalmente smuoversi grazie ai secondi.

QUALCUNO INIZIA A PARLARE. A rompere il muro fatto di silenzi imbarazzanti è stato il consigliere lombardo di Forza Italia ed ex sottosegretario all’area Expo della Regione Lombardia, Fabio Altitonante, che davanti ai magistrati ha fatto una vera e propria difesa a tutto campo. Il politico ha iniziato il proprio interrogatorio spiegando di non aver ottenuto “soldi né come corruzione né come finanziamento illecito”. Lo stesso ha successivamente negato la mazzetta da 20mila euro, contestata nell’ordinanza, come anche i 25 mila euro che, carte alla mano e secondo quanto sostenuto dai pm di Milano, gli sarebbero stati elargiti per la campagna elettorale quando, a suo dire, erano stati versati ad un altro candidato, ossia il collega di partito Pietro Tatarella.

Soldi che secondo lui erano stati versati in modo lecito dall’imprenditore Daniele D’Alfonso, quest’ultimo già arrestato in quest’inchiesta nonché l’unico a cui i pm contestano l’aggravante mafiosa, per organizzare un evento di comici con cui si promuovevano i candidati forzisti alle elezioni. Insomma non si può dire che Altitonante abbia puntato il dito contro il collega di partito ma sicuramente è il segno che qualcosa, in quel muro di silenzi, sembra smuoversi.

VIA VAI IN PROCURA. Ed effettivamente questa sensazione che l’aria stia cambiando emerge in modo netto anche dal fatto che ben tre imprenditori, coinvolti a vario titolo nell’inchiesta sul gigantesco giro di mazzette che ha decapitato la Forza Italia lombarda, hanno deciso di vuotare il sacco e ammettere le corruzioni a loro contestate. Tra l’altro, stando a quanto trapela dalla Procura meneghina, almeno uno di loro avrebbe preso tale decisione spontaneamente presentandosi dai pubblici ministeri Silvia Bonardi, Adriano Scudieri, Luigi Furno e dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci, per essere interrogato.

Ma c’è di più. Ieri i magistrati hanno ascoltato anche il sindaco leghista di Gallarate, Andrea Cassani, in qualità di testimone. Il primo cittadino, infatti, compare negli atti dell’indagine in quanto si sarebbe frapposto al tentativo di apportare delle variazioni, da lui ritenute illecite, al piano di governo del territorio, scatenando l’ira di diversi arrestati. Giornata decisiva sarà però quella di lunedì quando verrà sentito il governatore Fontana a cui i pm contestano l’abuso d’ufficio.