Tolleranza zero sul caporalato. Così è nata l’intesa sui migranti. Accolte le richieste dei 5 Stelle per arginare gli abusi. Pesanti sanzioni agli imprenditori che assumono in nero

La condizione irrinunciabile per i 5Stelle per poter dire di sì all’accordo era che non dovesse passare alcuna sanatoria indiscriminata e che nessuno rimanesse impunito per reati “odiosi” come lo sfruttamento e il caporalato. E alla fine le rassicurazioni nella notte sono arrivate. Sul testo che regola l’emersione dei rapporti di lavoro (braccianti, pescatori, colf e badanti) di stranieri e italiani, si è raggiunto un compromesso che il capo politico dei pentastellati, Vito Crimi, giudica “soddisfacente”. L’impianto del testo, che entra nel dl Rilancio, rimane a grandi linee quello concordato domenica notte e che è stato tradotto nero su bianco dal numero uno del Viminale Luciana Lamorgese. Rimane il doppio binario: la regolarizzazione di lavoratori in nero e permessi di soggiorno temporanei per i migranti che cerchino lavoro. Il datore di lavoro potrà regolarizzare un lavoratore dietro il pagamento forfettario all’Inps di un contributo di 400 euro.

L’altra forma di regolarizzazione è quella della concessione di permessi di soggiorno temporanei di sei mesi per ricerca lavoro a chi ha un permesso scaduto dopo il 31 ottobre. Ma ci sono dei paletti precisi. E la sottolineatura di questi paletti – ovvero la precisazione dei reati a carico dei datori di lavoro che ne impediscono la regolarizzazione e l’inasprimento delle sanzioni e delle pene per chi viene scoperto con lavoratori in nero – ha fatto sì che alla fine il M5S si convincesse della bontà dell’accordo. Non potranno presentare istanza di regolarizzazione i datori di lavoro che siano stati condannati negli ultimi cinque anni anche con sentenza non definitiva per: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per reati legati alla prostituzione o diretti al reclutamento di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale (riduzione in schiavitù); intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Si precisa poi – altro punto caro ai 5Stelle – che non saranno comunque sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per reati quali il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento del lavoro e caporalato. Gli stranieri dovranno dimostrare, tramite fotosegnalamento delle forze dell’ordine, di essere stati presenti in Italia prima dell’8 marzo. Un’indicazione che vale anche per quei lavoratori stranieri che, dietro il pagamento di 160 euro, presenteranno richiesta del permesso temporaneo. Questi dovranno dimostrare di aver lavorato come braccianti, pescatori, colf o badanti (a verificare c’è l’Ispettorato nazionale del lavoro) oltre ad avere un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. Se nel termine della durata del permesso temporaneo (sei mesi) il cittadino esibisce un contratto di lavoro subordinato, il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Non potranno essere regolarizzati quei lavoratori che abbiano pendente un provvedimento di espulsione, che risultino segnalati, condannati (per spaccio, immigrazione clandestina, reati legati alla prostituzione o allo sfruttamento dei minori e altro). E che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza. Le istanze di regolarizzazione e le richieste dei permessi di soggiorno potranno essere presentati dal 1° giugno al 15 luglio 2020. “Per far fronte alle richieste di manodopera in agricoltura, io stessa – annuncia poi il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo – ho inserito nel decreto una norma che consentirà ai percettori di Reddito di cittadinanza, di Naspi, Dis-coll e ammortizzatori sociali di accettare una proposta di lavoro senza perdere il diritto al beneficio”.