Dall’Ue due pesi e due misure pure sulla Via della Seta. La Germania Sì e l’Italia No. Per l’economista Rinaldi: “Usano le regole per impedirci di fare quanto già fatto da altri”

Intervista all’economista Antonio Maria Rinaldi

“La Germania utilizza un sistema per il quale fa i suoi interessi, indipendentemente dagli accordi di altri, fermo restando il fatto che poi, quando gli altri si muovono, sono i primi a chiedere di utilizzare le regole europee. Anche i francesi non sono da meno”. Abbiamo chiesto all’economista Antonio Maria Rinaldi, di spiegarci i retroscena dell’accordo sulla Via della Seta.

Secondo lei quale dovrebbe essere l’approccio dell’Italia al memorandum con la Cina sulla Via della Seta?
“E’ un problema complesso perché i cinesi hanno già iniziato a fare acquisizioni di aziende in tutta Europa, quindi è chiaro che anche l’Italia non può rimanere fuori, in questo caso va evidenziato che un protocollo in questi termini, sarebbe, per ora, solo l’Italia a sottoscriverlo. Mentre altri paesi hanno già provveduto a fare lo stesso senza però firmare protocolli. Diciamo che al di là del formalismo di un protocollo, il rischio è che si può dar adito ad un’apertura completa, e qui indubbiamente possono sorgere dei problemi. Bisogna stare attenti ai dettagli”.

Cosa pensa del monito europeo ai vari stati membri per dissuaderli dal portare avanti negoziati in solitaria con la Cina?
“Nel recente passato abbiamo visto come altri paesi, a cominciare dalla Francia e dalla Germania, hanno fatto come gli pareva. Sappiamo bene come i tedeschi con i cinesi hanno stabilito rapporti commerciali senza chiedere assolutamente nulla agli altri paesi europei. Anche questo va considerato. Le regole devono valere per tutti, non solo per qualcuno a discapito degli altri”.

C’entra qualcosa il fatto che la Germania sia il sesto esportatore mondiale verso la Cina, mentre l’Italia è al ventiquattresimo posto?
“La Germania utilizza un sistema per il quale fa i suoi interessi, indipendentemente dagli accordi di altri, fermo restando il fatto che poi, quando gli altri si muovono, sono i primi a chiedere di utilizzare le regole europee. Anche i francesi non sono da meno. Quando vedono che l’Italia ha dei vantaggi rispetto a loro tirano fuori la richiesta che bisogna sottostare alle regole europee”.