Una mascherina nel guardaroba. Abituiamoci ad indossarla a lungo. Con l’epidemia è diventata parte dell’abbigliamento. Dimenticarla è come scordare le chiavi dell’auto

Da Wuhan, la prima città focolaio dell’infezione pandemica arriva, a cento giorni dalla chiusura, qualche notizia di speranza con una parvenza di ritorno alla “normalità”, anche se la Cina stessa ora è alla presa con altri focolai, magari di ritorno. L’immagine che ci colpisce è che le attività sono riprese, ma tutti rigorosamente indossano le mascherine, oltre a mostrare sul cellulare il certificato di negatività. Nessuno si arrischia ad uscirne sprovvisto. Ora non possiamo sapere se questi timidi segni di ripresa delle attività giungeranno anche da noi e fra quanto tempo, ma una cosa è certa: la mascherina diverrà per tutti qualcosa di simile alla camicia o ai pantaloni o alle gonne.

Non averla significherà uscire non vestiti e magari violare anche la legge visto che il Sindaco di Forte dei Marmi ha da poco fatto un’ordinanza che prevede una multa fino a 500 € per chi non la indossa (ne vengono distribuite tre a testa). L’esortazione a cui ci dovremmo tutti abituare è: “Ti sei messo la mascherina?”, e se per ventura capitasse di dimenticarla sarebbe l’equivalente di aver dimenticato le chiavi dell’automobile. E poi c’è la questione finora non affrontata dei filtri perché è vero che la mascherina è fondamentale, ma in futuro le più diffuse saranno solo quelle con filtri e non le monouso. In questi tempi incredibili siamo diventati, nostro malgrado, tutti esperti di sigle che una volta erano fantascientifiche: FFP1, FFp2, FFP3, P100 e poi naturalmente “chirurgiche”. Le prime tre sono con protezione del 78% 92% e 95%, le ultime del 100% rispettivamente.

CON O SENZA. In genere monouso, le FFP2 FFP3 e P100 possono anche montare filtri che durano un certo periodo di tempo e poi vanno cambiati. Le chirurgiche hanno un basso livello di protezione e non filtrano i virus in aerosol ma possono intercettare le goccioline emesse con la saliva, insomma meglio di niente. Ma in futuro si andrà verso i modelli più sicuri e cioè FFP3 e P100 con relativi filtri. Si tratta sia per le mascherine avanzate che per i filtri di prodotti ad alta tecnologia che necessitano di fabbriche specializzate e di un lavoro sempre più raffinato di ingegnerizzazione. Visto che l’intero mondo Occidentale aveva demandato (colpevolmente) la produzione di mascherine e filtri alla Cina ora ci sarà un mercato immenso sia per le nuove fabbriche sia per quei colossi industriali che si vorranno riconvertire, qualora non siano forzati a farlo dagli stessi stati.

SALVAVITA. FCA, Ferrari ma anche Prada e Gucci e tanti altri hanno espresso la volontà di produrre mascherine. Nel frattempo ci sono esempi ammirabili di produzione di chirurgiche da parte di sarti di quartiere come è avvenuto a Roma e a Napoli. Trump ha imposto negli Usa alla General Motors di produrle, sulla base di una legge di guerra. Ma la partita, come intuibile, non si gioca su questo tipo, ma su quelle avanzate che proteggono realmente dai virus e per farle, come detto, ci vogliono alte competenze tecnologiche e non basta certo un po’ di tessuto e tanta manualità. Il mondo futuro sarà certamente un mondo con mascherine e filtri che diverranno così dei veri e propri salvavita che però dovranno giocoforza essere indossate da tutta la popolazione mondiale, 7 miliardi di persone. Infatti finché un solo abitante del pianeta Terra ne sarà sprovvisto sarà un pericolo pubblico mondiale per tutti, perché la sicurezza dell’intero globo sarà pari a quella dell’anello più debole e questa probabilmente sarà l’unica forma di globalizzazione che sopravvivrà per molto tempo.