Voli di Stato, Salvini indagato per abuso d’ufficio. Nel mirino della Procura di Roma 35 viaggi a bordo dei mezzi aerei di Polizia e Vigili del Fuoco

In un modo o nell’altro, si parla sempre del Capitano e della Lega. Peccato che non succeda tanto per i risultati politici, specie in un momento in cui il Carroccio è relegato in panchina, quanto per slogan fondati su strategie di marketing, selfie e, soprattutto, per notizie di cronaca giudiziaria. Proprio a quest’ultima categoria fa riferimento l’ennesima tegola caduta in testa al leader Matteo Salvini che, non più tardi di due giorni fa, è stato iscritto al registro degli indagati per abuso d’ufficio nell’ambito di un’indagine sul suo utilizzo, ritenuto sospetto, di alcuni voli di Stato.

Ben trentacinque trasferte sospette che prima erano finite nel mirino della Corte dei Conti, la quale decideva di archiviare il fascicolo non rilevando alcun danno erariale, poi venivano inviate dalla magistratura contabile a quella penale che a sua volta inviava tutto il faldone al tribunale dei ministri. Un fascicolo delicato in cui, senza girarci intorno, i pubblici ministeri si stanno chiedendo se ci sia qualcosa di anomalo negli abbinamenti di molti appuntamenti istituzionali del Capitano in giro per l’Italia che, guarda caso, coincidevano con altrettante manifestazioni politiche organizzate dal suo stesso partito e a cui prendeva parte.

QUESTIONE POLITICA. Nonostante la Corte dei Conti avesse escluso il danno erariale, i giudici non furono affatto teneri con Salvini. Infatti i trentacinque viaggi erano stati effettuati a bordo di mezzi in dotazione alla polizia oppure ai vigili del fuoco che, normativa alla mano, possono essere impiegati esclusivamente per lo svolgimento di compiti istituzionali o di addestramento. Tanto bastava a convincere i magistrati contabili a girare tutto ai colleghi di piazzale Clodio. Ma a prescindere da come e se andrà avanti questa brutta vicenda giudiziaria, non si può negare che esiste un discorso di opportunità politica che sta imbarazzando non poco l’intero partito. Già perché l’accusa che gli viene mossa dai pm ma che si preannuncia difficilmente dimostrabile sotto il profilo penale, è di aver sfruttato i suoi impegni governativi per svolgere propaganda elettorale.

GUAI SU GUAI. Ma a preoccupare il Capitano e i suoi fedelissimi non c’è solo questa vicenda. Da tempo il Carroccio sembra finito in una spirale nera fatta di gaffe, inchieste giudiziarie e processi. È di pochi giorni fa, ad esempio, l’iscrizione al registro degli indagati dell’assessore lombardo, Stefano Galli, accusato di aver riciclato parte dei 49 milioni di euro percepiti illegalmente, tra il 2008 e il 2010, dal partito. Denari già finiti in una serie di procedimenti, ultimo dei quali quello concluso il 6 agosto con la Cassazione che ha dichiarato prescritti i reati per Umberto Bossi e per il tesoriere Francesco Belsito ma ha confermato la confisca dei 49 milioni di euro che risultano tutt’ora introvabili.

Riavvolgendo il nastro del tempo, la situazione non migliora. Anzi. Sul Carroccio grava anche l’indagine sulla presunta trattativa dell’hotel Metropol di Mosca, tra italiani e russi, per finanziare il partito in vista delle elezioni. Altra rogna è quella della tangentopoli milanese su un maxi giro di corruzione che tra i tanti ha coinvolto il governatore leghista Attilio Fontana accusato di abuso d’ufficio in relazione alla nomina di un suo ex socio di studio. Tra le grane più grandi non si può non citare quella che ha travolto l’ex sottosegretario Armando Siri. Il fedelissimo del Capitano è indagato a Roma per corruzione nell’ambito di un’indagine sull’eolico in Sicilia e a Milano per auto riciclaggio in relazione all’acquisto di una palazzina a Bresso.