Il pessimo Stato dell’8×1000. I fondi restano nel cassetto. Ecco perché il Governo non svincola le donazioni

I fondi dell'8x1000 che i cittadini devolvono allo Stato per attività culturali e umanitarie vengono erogati con insopportabile lentezza

di Carmine Gazzanni

Oltre il danno, pure la beffa. Non c’è altra conclusione possibile per commentare la gestione dell’8×1000 a diretta gestione statale. Come si sa, infatti, la quota delle dichiarazione dei redditi, oltre che alle varie confessioni religiose (tra le quali la Chiesa cattolica fa la parte da leone per via di un meccanismo più volte condannato dalla Corte dei Conti), finisce in minima parte anche allo Stato. Parliamo di un fondo tramite il quale il nostro Paese potrebbe finanziare attività culturali, progetti contro la fame nel mondo, altri contro le calamità naturali e per assistere i rifugiati. Il condizionale, però, è d’obbligo visto com’è andata negli ultimi anni. Basti pensare che nel 2011 e 2012 non è stato ammesso a finanziamento nessuno dei progetti presentati semplicemente perché il fondo è stato completamente prosciugato e utilizzato per altri scopi (Massimo D’Alema pensò bene di utilizzare l’8×1000 per mandare i nostri soldati, al tempo, in Albania; stessa cosa fece poi Silvio Berlusconi per l’Afghanistan e l’Iraq). Né è andata meglio nel 2013, quando nonostante i migliaia di progetti presentati nei vari ambiti di intervento, soltanto 4 sono stati ammessi a finanziamento, tutti riguardanti la fame nel mondo. Con buona pace delle altre categorie.

SOLDI FANTASMA –  Oggi, però, scopriamo (purtroppo) un altro tassello della pessima gestione dell’8×1000 statale. Non solo, infatti, i contributi sono di gran lunga inferiori a quelli che dovrebbero essere, ma anche quando si riesce ad accedere al fondo, i soldi arrivano dopo anni e anni. Se arrivano. È il dipartimento della Presidenza del Consiglio a dirlo con chiarezza in un report appena consegnato alla Camera. Prendiamo, ad esempio, i progetti ammessi a finanziamento nel 2007. Allora il fondo contava circa 40 milioni, con i quali sono stati sussidiati 110 progetti. Peccato però che, a distanza di ben 9 anni, ancora sono in itinere 20, il 18%. E parliamo comunque di progetti importanti come il restauro di basiliche, come quello della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Napoli, per 400mila euro. Nonostante il finanziamento sia arrivato, i lavori ancora non sono terminati. Stesso discorso anche per quanto riguarda il progetto di risanamento del centro storico di Canosa Sannita (Chieti) per 500mila euro. E, ovviamente, più passano gli anni e peggio è. Nel 2009, ad esempio, vengono sussidiati 96 progetti e interventi. Di questi, nonostante siano passati 7 anni, 39 sono ancora in itinere. Quasi, cioè, il 50%. Passiamo al 2010? Peggio mi sento. Su un totale di 343 interventi, 183 sono ancora in corso. Oltre la metà. E anche qui ne troviamo delle belle: tra i finanziamenti spicca il restauro della biblioteca nazionale “San Marco” a Venezia. Un intervento da oltre 2 milioni. Ma, dal 2010, i lavori neanche sono stati appaltati.

ATTIVITÀ INSOCIALE – La domanda, allora, è inevitabile: come mai questi ritardi? Semplice: sono i soldi ad arrivare in clamoroso ritardo. O, in alcuni casi, a non arrivare proprio. Prendiamo i 4 progetti ammessi al fondo nel 2013 per combattere la fame nel mondo. Parliamo di programmi di intervento per la sicurezza alimentare in diversi Paesi africani, dal Burkina Faso all’Eritrea. Sia chiaro: parliamo solo di pochi spiccioli, 404mila euro totali. E, nonostante questo, il rapporto dice chiaramente che questo contributo ancora nemmeno è stato erogato. Nulla di nulla. Dopo 3 anni gli enti sono ancora a secco. Alla faccia dell’impegno sociale di uno Stato che incassa e, se finanzia, lo fa con colpevole ritardo.

Twitter: @CarmineGazzanni