
Richieste inascoltate – Volevano solo tornare a casa. Gli ultimi messaggi, prima dell’arrivo della valanga, erano tutti dello stesso tenore. Tra attesa e paura. Quella che cresceva di ora in ora dopo le ripetute scosse di terremoto avvertite chiaramente sulle montagne di Farindola. Perché il terrore era proprio la terra che tremava. Che una slavina potesse centrare in pieno l’albergo non lo aveva pensato proprio nessuno. “Speriamo che riscendiamo vivi…Tanto lo sappiamo che non ci verranno a prendere”, scrivevano i prigionieri di Rigopiano, probabilmente anche per esorcizzare la paura. Era infermiera al Gemelli Valentina Cicioni e proprio il sisma le aveva causato una crisi di panico come scritto a una collega in uno degli ultimi messaggi. Qualcun altro, invece, consapevole delle difficoltà di riuscire a ripartire aveva pensato bene di spostare un ricovero ospedaliero già fissato. De Leonardis, nelle 152 pagine del libro edito dal Centro, racconta quella parte di vita più intima. Storie raccolte incontrando ogni singola famiglia tra Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria. “Quello che emerge dalle storie raccontate nel libro è il grido d’aiuto forte, ma ignorato”, ha confidato l’autrice a La Notizia, “è stato assurdo non aver ascoltato tutti quei messaggi”.
Serve giustizia – Da quel tragico 18 gennaio 2017 la giornalista abruzzese ha seguito direttamente la vicenda. Tra le prime persone ad arrivare sul luogo della tragedia, insieme all’allora direttore del Centro Primo Di Nicola, per raccontare una tragedia che poteva e doveva essere evitata. Eventualità a cui dovrebbe rispondere l’inchiesta aperta e che vede 23 persone indagate. Quattro i filoni principali. Per ora tanti dubbi, sospetti, ma servirà tempo (se basterà) per accertare le eventuali responsabilità di quanto accaduto a Farindola. Sperando di non dover aggiungere la tragedia di Rigopiano al già ricco elenco delle stragi d’Italia senza colpevoli.