Su Regeni basta con le parole. Dall’Egitto ora l’Italia pretende fatti. La deputata M5S, Suriano: “Bene Conte in audizione. La Commissione sarà decisiva per avere giustizia”

Basta con le parole. Perché “al Sisi ci ha abituato alle sue promesse a cui non è mai seguito nulla di concreto”. Ora, invece, “bisogna cambiare marcia e pretendere fatti, e non parole”. È chiara sul punto Simona Suriano, combattiva deputato del MoVimento 5 Stelle e membro nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. “Ho apprezzato molto l’atteggiamento di Conte in audizione”, spiega la parlamentare.

Ha ammesso sue colpe nei troppi stop nella ricerca della verità.
È stato chiaro e si è assunto le responsabilità che la cooperazione giudiziaria con l’Egitto non sia ancora decollata. Ciò gli fa onore.

Non le sembra incoerente dopo l’ok a una commessa monstre?
Non nego però che non ho condiviso la scelta di concedere la commessa monstre verso chi si è finora mostrato riluttante alla collaborazione e verso un Paese che non brilla nel rispetto dei diritti civili e umani. Adesso bisogna cambiare marcia e pretendere fatti, e non parole, da Al Sisi.

Anche in passato l’Italia aveva richiamato l’ambasciatore e poi non è successo nulla. Perché questa volta gli italiani e in primis la famiglia di Giulio dovrebbero credervi?
Non so se questa volta sarà veramente diverso. Al Sisi ci ha abituato alle sue promesse a cui non è mai seguito nulla di concreto. Mi auguro sia la volta buona. D’altra parte, i procuratori Prestipino e Colaiocco, auditi più volte in commissione Regeni, hanno fatto intendere che quando l’Italia ritirò il suo ambasciatore dall’Egitto vi fu un’impennata nelle indagini per poi arenarsi nuovamente appena le relazioni diplomatiche tornavano ad essere distese. Deve essere tentata qualunque strada per ottenere giustizia e verità. Non lasciare nulla di intentato. Ad un certo punto poi andrà tracciata una linea e tirate le somme. L’Egitto rimane un Paese importante nel Mediterraneo e questo non dobbiamo dimenticarlo. Non è facile troncare una relazione tout court con un Paese così strategico.

C’è chi ha detto che ora il lavoro della commissione sia illogico… C’è il rischio che il vostro lavoro perda credibilità?
Assolutamente no. Intanto il primo luglio ci sarà un nuovo incontro tra le due procure, egiziana ed italiana, e auspico per quel giorno la risposta alla rogatoria che la nostra procura ha mandato al Cairo nell’aprile del 2019. Questo sarebbe già un primo passo importante: permettere ai nostri magistrati di notificare formalmente l’avvio delle indagini verso coloro che sono accusati di aver sequestrato Giulio Regeni e partite col processo. La Commissione d’inchiesta è fondamentale per capire cosa sta dietro quella barbara uccisione.

Quali risultati spera di ottenere?
Sono membro della commissione affari esteri e in quella sede abbiamo chiesto anche di approfondire la relazione annuale che viene mandata alle Camere sull’export delle armi. Il mio lavoro continuerà nell’indagare verso chi e cosa esporta l’Italia.

Pochi giorni fa su La Notizia il senatore M5S Ferrara ha detto che a spingere per la vendita di navi militari all’Egitto sia stata una cerchia vicina al ministro Guerini. Le risulta?
Non ho notizie a riguardo. Posso solo dire che anche dentro il Pd ho notato spaccature e diversi punti di vista sull’opportunità di vendere due Fremm all’Egitto. La legge sull’export armi è già un buon punto di partenza ma aggirarla a volte è stato possibile e a mio avviso andrebbero meglio chiarito ruoli e responsabilità di chi decide di esportare armi, pure verso Paesi non proprio democratici.