La Meloni cerca aiuto da Sunak

La Meloni è volata a Londra da Sunak nella speranza di rassicurare i mercati e di rompere l’isolamento nell'Unione europea.

La Meloni cerca aiuto da Sunak

Da un lato i battibecchi continui con l’Unione europea, dall’altro le tensioni dei mercati che hanno messo nel mirino l’Italia. Davanti a queste difficili sfide, Giorgia Meloni è volata a Londra per incontrare il premier conservatore, Rishi Sunak, nella speranza di rassicurare i mercati e di rompere l’isolamento – sempre crescente – nell’Unione europea.

La Meloni è volata a Londra da Sunak nella speranza di rassicurare i mercati e di rompere l’isolamento nell’Unione europea

Una missione impossibile perché l’apertura di credito che gli era stata riservata dai poteri finanziari internazionali, concessa a seguito delle dichiarazioni fatte in campagna elettorale quando la premier assicurava che avrebbe tenuto i conti pubblici in ordine, sembra essersi esaurita davanti a scelte che sono andate nella direzione opposta rispetto a quanto inizialmente prospettato. Ma nella decisione di recarsi a Londra evidentemente deve aver avuto un peso anche il fatto che il governo conservatore britannico è senza dubbio quello che si sta maggiormente spendendo nel supporto all’Ucraina e appare chiaro che la Meloni, anch’essa schierata su posizioni decisamente interventiste – molto più di quelle espresse dai riluttanti Emmanuel Macron e Olaf Scholz -, intenda far fruttare questo impegno italiano a sostegno di Kiev.

Così con Bruxelles che richiama l’Italia praticamente su tutto, in tal senso gli ultimi scontri si sono consumati sulla mancata approvazione del Meccanismo europeo di stabilità da parte del governo Meloni e sull’ennesimo rinvio delle gare per l’assegnazione delle concessioni balneari, la premier guarda al Regno Unito – e soprattutto agli Stati Uniti – per aggirare l’isolamento che essa stessa si è procurata. Del resto in Europa tutti sembrano averla scaricata al punto che i suoi unici alleati rimasti sembrano essere il premier ungherese Viktor Orbàn e quello polacco Mateusz Morawiecki.

Neppure il tempo di arrivare a Londra e la premier Meloni è stata contestata dai movimenti antifascisti

Certo il summit tra Sunak e Meloni a Downing street, non è iniziato nel migliore dei modi. Ad attendere la premier italiana davanti all’ingresso della residenza del premier britannico, si sono fatti trovare un gruppo di manifestanti di Stand up to racism per protestare – con tanto di striscione in cui si leggeva “No to fascist Meloni” – contro una visita che agli inglesi non sembra essere andata granché a genio. Quel che è certo è che la Meloni punta con decisione su questa trasferta londinese nel corso della quale spera di strappare un accordo bilaterale post Brexit – sul modello di quelli già siglati da numerosi Paesi Ue a partire da Francia e Germania – su Difesa, Esteri, Economia e Commercio.

“È un nuovo inizio” nelle relazioni tra Italia e Gran Bretagna e “sono molto felice di essere qui, sono convinta che possiamo fare un buon lavoro insieme” ha detto la premier incontrando il primo ministro britannico. E quest’ultimo, ben conscio delle difficoltà della collega, non ha tardato a dire che la firma del memorandum con l’Italia “rafforzerà la nostra collaborazione”, aggiungendo – come sperava la Meloni – anche un plauso per “la gestione economica molto attenta” portata avanti dalle destre italiane che, secondo Sunak, “porta stabilità al Paese”. Sintonia tra i due leader che è stata ribadita anche in materia di “suppotto all’Ucraina” e di politiche sulle “migrazioni illegali”.

Rassicurazioni che comunque non sembrano bastare. Di questi tempi a preoccupare le destre italiane c’è soprattutto il fatto che il nostro Paese è tornato nel mirino delle agenzie di rating. È il segno inequivocabile di come stia rapidamente cambiando l’atteggiamento della finanza mondiale nei confronti del governo Meloni dopo la luna di miele avvenuta prima con l’ex premier Giuseppe Conte, il quale riuscì nell’incredibile impresa di accaparrarsi i 209 miliardi del Pnrr, e dopo con l’ex presidente del Consiglio ed ex vertice della Banca centrale europea Mario Draghi.

Che il vento sia cambiato e che il peggio debba ancora venire, lo lascia capire il fatto che l’agenzia di rating Moody’s, dopo una lunga tregua, ha messo nel mirino l’Italia parlando apertamente di un possibile declassamento dei Btp per effetto del debito pubblico fuori controllo e per via della crescita che di giorno in giorno viene corretta al ribasso e che già ora è al di sotto delle aspettative. Titoli di Stato italiani che lunedì sono stati bocciati dalla banca d’affari Goldman Sachs, ironia della sorte proprio nello stesso giorno in cui sono stati promossi i Bonos spagnoli.

Ma queste sono solo le prime manovre speculative contro l’Italia perché è già scontato che nei prossimi giorni ne seguiranno altre. Dopo Moody’s, come spiega Dagospia, è scontato che seguiranno anche i pareri negativi delle agenzie di rating Fitch e Standard & poor’s. Ma cosa sta facendo precipitare la situazione? Senza ombra di dubbio ci sono proprio i fondi del Pnrr che questo governo sta mettendo in serio rischio.

Del resto una mole tanto grande di denaro è già difficile da spendere, specie per un Paese come il nostro dove i ritardi e gli sperperi sono all’ordine del giorno, figuriamoci se il governo in carica opta per decisioni discutibili come l’abbandono alla cabina di regia di draghiana memoria che era affidata ai tecnici del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef), sostituito da un centralismo in capo al governo. Ciò non ha fatto altro che ampliare i ritardi nell’attuazione del Pnrr al punto che molti progetti sembrano destinati a saltare. Come se non bastasse, sull’Italia pesa anche il mutato atteggiamento da parte della Banca centrale europea che da qualche tempo, come ricorda Dagospia, “ha ridotto del 65% l’acquisto dei bond italiani, mostrando un chiaro cambio di passo tra la gestione Draghi e quella di Christine Lagarde a Francoforte”.