Quando un Paese arranca, con gli stipendi più bassi dell’8% rispetto a quattro anni fa, la produzione industriale in picchiata da 25 mesi consecutivi e un lavoro sempre più povero, è più che comprensibile che un esecutivo in grande difficoltà si attacchi a qualunque barlume di buona notizia. E così ha fatto ieri il governo Meloni, commentando i dati dell’Istat, secondo i quali nel primo trimestre del 2025 il Prodotto interno lordo (Pil) sarebbe cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto al primo trimestre del 2024.
I rilevamenti Istat si riferiscono ai mesi precedenti alla tempesta dei dazi
“Il risultato fa seguito ai segnali, anch’essi positivi, del quarto trimestre 2024, quando la crescita congiunturale risultava dello 0,2% (rivista al rialzo dallo 0,1% diffuso a marzo 2025) e quella tendenziale dello 0,5%”, aggiunge l’istituto di statistica, con toni abbastanza incomprensibili, visto che si sta parlando di decimali. Senza contare poi che il dato si riferisce ai mesi pre tempesta dei dazi.
L’euforia ingiustificata dei ministri
Un dettaglio (non certo minimo) che non ha comunque impedito al ministro Giancarlo Giorgetti di cantare vittoria: “Istat certifica una crescita positiva per il primo trimestre, migliore rispetto ad altri paesi europei. Un segnale importante che dimostra la correttezza delle nostre previsioni e l’efficacia delle politiche economiche del governo”, ha infatti commentato.
E dietro di lui, a ruota, il collega delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “L’Italia va meglio degli altri grandi Paesi europei, crescono i comparti produttivi. Un altro importante segnale positivo che avvalora le scelte del Governo. Siamo sulla strada giusta”.
E si è aggiunto il responsabile nazionale del partito di Giorgia Meloni, Giovanni Donizelli: “La crescita del Pil, certificata da Istat, superiore anche ad altri paesi europei è – ha detto – conferma del buon lavoro del governo Meloni e conferma anche il fatto che è giusto investire su produttività e su chi lavora, piuttosto che in redditi di cittadinanza, bonus e altri sprechi”.
M5S: “Questa esultanza lascia senza parole”
A riportare il dibattito sulla Terra ci hanno pensato i parlamentari M5s delle Commissioni bilancio e finanze di Camera e Senato: “L’esultanza del Governo per i dati Istat lascia senza parole. La consolazione di Giorgetti e Meloni è data dal fatto che Francia e Germania, nel primo trimestre, crescono meno di noi. Peccato che nel 2024 e nel 2025, secondo le stime recenti della Bce e dei principali osservatori economici, la crescita del Pil italiano sia sotto la media dell’Eurozona e dei principali partner come Francia, Spagna e tanti altri”.
Per i pentastellati “festeggiare per un trimestre, come fanno alcuni ministri, è penoso e fuori dal mondo. Dentro la filosofia dello zero virgola – sottolineano – ci si gongola per uno 0,1% in più dei tedeschi (che per la cronaca stanno per immettere oltre 60 miliardi di Euro nella loro economia). Incredibile, considerando il fatto che gli effetti del Pnrr in Italia continuano a restituire un +0,7% l’anno sul Pil, senza il quale saremmo in recessione”.
Dal Mef solo previsioni sballate
“L’Italia si ‘consola’ con oltre due anni di calo della produzione industriale e con le previsioni totalmente sballate del Mef”, ricordano poi, “che parlava prima di una crescita nel 2025 dell’1,2%, poi dello 0,6%, che peraltro si abbassa a una crescita acquisita allo 0,4%, se il Pil non dovesse crescere per il resto dell’anno. Nonostante questo, oggi il ministro dell’Economia parla della correttezza delle previsioni”. E concludono: “Giorgetti si assuma le sue responsabilità e continui a pensare all’avanzo primario, alla moderazione salariale e alle privatizzazioni. Per cortesia almeno non si inventi festeggiamenti penosi”.
Per l’Avs Peppe De Cristofaro “i dati sul Pil dell’Istat sono da Paese fermo, che annaspa. Cresciamo dello zero virgola anche prima dell’entrata in vigore dei dazi di Trump che ci porteranno alla recessione con la conseguente perdita di posti di lavoro. I salari sono fermi e il livello delle retribuzioni pur crescendo non raggiunge mai livelli accettabili. Questo significa che il lavoro povero è ormai la regola”.
“Il governo Meloni è senza una strategia per la crescita e lo sviluppo, senza una politica industriale e dei redditi capace di reggere la crisi e le sfide future. Precarietà, salari da fame, diseguaglianze, morti sul lavoro, fuga dei giovani, questo è il paese della Meloni”, conclude De Cristofaro.