Tim Brasil, c’è aria di svendita

di Carola Olmi

Si stringe il cerchio sulla cessione di Telecom Brasile. Su richiesta della Consob, ieri Telefonica – primo azionista di Telco, la cassaforte che controlla la compagnia – ha spiegato di non voler commentare le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni. Voci secondo cui Tim Brasil potrebbe essere ceduta a un veicolo societario e poi spacchettata tra i tre attori principali nel mercato brasiliano: America Movil, Oi Telemar e Vivo (che fa capo allo stesso gruppo Telefonica). Allo stesso modo, sempre su richiesta dell’autorità italiana, Telefonica ha spiegato di “non aver avuto alcun contatto con il Cade (l’Antitrust brasiliano, ndr) riguardo a questa potenziale operazione.

Speculazione
Sul mercato però si scommette su questa operazione, che servirebbe ad abbattere l’onerosissimo fardello finanziario della società. Per questo l’Associazione dei piccoli azionisti Telecom Italia (Asati) ha effettuato una simulazione sulle conseguenze per Telecom di una potenziale vendita di questi asset, valutandoli non meno di 15 miliardi di euro. Si tratta del doppio rispetto al prezzo di cui si parla, vicino ai 7 miliardi di euro. Secondo Il Sole 24 Ore una cifra possibile sarebbe quella di 10,5 miliardi, che valuterebbe 8 volte l’ebitda 2016 di Tim Brasil. La vendita della controllata nel mobile in Brasile risolverebbe i problemi di debito di Telecom e quelli di Antitrust in Brasile di Telefonica.

Da player mondiale a locale
I piccoli azionisti però bocciano senza riserve l’operazione, giudicandola “estremamente dannosa” poichè “la società verrebbe privata di un importante mercato in forte crescita e ridimensionata nel contesto italiano dove il mercato delle telecomunicazioni è ormai saturo”. Il rapporto dell’Asati sarà dunque inviato anche al Governo e al Parlamento perchè “risulta incomprensibile il silenzio assordante” sulle vicende di Telecom, poichè il governo “non prendendo posizione favorisce gli interessi di Telefonica”, “agevolando nel contempo gli interessi di alcuni soggetti anche politici”. In merito al Brasile, nel rapporto l’Associazione ha sottolineato che “considerando l’utile netto medio, la crescita in base al Pil, l’elasticità della domanda, le sinergie e l’ottimizzazione dei costi, il tasso di attualizzazione, senza considerare il premio per il controllo e quindi non applicando il metodo dei multipli di mercato, il valore minimo di valutazione per una potenziale vendita non può essere inferiore ai 15 miliardi”. Telecom si ridurrebbe però “alla dimensione di un operatore locale regionale senza nessun appeal per nuovi investitori disposti a finanziare nuovi investimenti”. La vendita, inoltre, “non porterebbe alcun beneficio agli azionisti in quanto, al di là di brevi fuochi di artificio dovuti a effetti speculativi, il titolo ritornerebbe ai valori medi degli ultimi tre mesi se non peggiori”. L’Asati si è detta dunque fiduciosa nell’attività “perseverante e continua” della Consob e aspetta la conclusione delle indagini sulla vendita dell’Argentina, il convertendo e su eventuali segnalazioni di potenziali conflitti di interessi.

Riflettori sul titolo
Ieri, anche alla luce della precisazione di Telefonica e del rapporto dei piccoli azionisti, il titolo Telecom ha chiuso la seduta piatto, a 0,7575 euro, dopo però una performance a dir poco brillante in chiusura della settimana scorsa, guadagnando quasi 7 punti percentuali.