Dal Trentino al Friuli alla Campania, il Centrodestra è una polveriera

Terzo mandato, autonomie e candidati contesi: nel centrodestra ogni Regione è diventata un pretesto per la guerra interna al potere

Dal Trentino al Friuli alla Campania, il Centrodestra è una polveriera

Nel centrodestra non esistono più alleanze, ma trincee. Le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia, formalmente unite nella coalizione di governo, sono ormai la colonna sonora di ogni campagna elettorale locale. Le Regioni non sono più roccaforti, ma campi di battaglia in cui si consuma la sfida per la leadership della destra italiana. La miccia è la questione del terzo mandato per i governatori, ma l’esplosione è politica, territoriale, identitaria.

Il terzo mandato come leva di potere

La Lega difende la possibilità di un terzo mandato per i propri presidenti regionali con l’argomento dell’autonomia e della legittimazione popolare. Salvini parla di “buon senso”. Calderoli, ministro per gli Affari Regionali, liquida come “politica” l’eventuale impugnazione della legge trentina voluta per permettere la ricandidatura di Fugatti.

Fratelli d’Italia, al contrario, trasforma il principio del ricambio in bandiera ideologica. Galeazzo Bignami sostiene che “il limite deve valere ovunque”, anche nelle Regioni a statuto speciale. Il governo Meloni, già nel 2024, ha impugnato la legge campana sul terzo mandato per De Luca. Ora si prepara a contestare anche quella trentina, estendendo un principio valido per le Regioni ordinarie anche a quelle autonome. La giurisprudenza come strumento di erosione del potere altrui.

Il caso Trentino: l’autonomia contro il centralismo di partito

La Provincia autonoma di Trento ha approvato una norma (ddl 52) per consentire a Maurizio Fugatti (Lega) un terzo mandato. FdI si è opposta con fermezza, ma due suoi consiglieri hanno votato a favore e poi lasciato il partito. “Abbiamo votato per l’interesse del Trentino”, hanno spiegato. Calderoli e Fugatti rivendicano l’autonomia della provincia. L’Avvocatura dello Stato, su pressione politica, ha predisposto un ricorso. Il governo doveva decidere entro il 19 maggio.

Qui la frattura è verticale: tra Roma e i territori, tra il diritto delle autonomie e la strategia nazionale di accentramento. FdI vuole imporre un principio nazionale per espellere un alleato-rivale da una delle sue roccaforti. La Lega difende l’eccezione locale solo quando le conviene. Il risultato è una guerra a colpi di norme, statuti e interpretazioni giuridiche strumentali.

Friuli-Venezia Giulia: una crisi cercata

Luca Ciriani, ministro FdI, ha accusato la giunta Fedriga di inefficienze sanitarie. Gli assessori della Lega e di Forza Italia hanno rimesso le deleghe. Marco Dreosto (Lega) ha denunciato “ambizioni personali”. Fedriga ha chiesto un incontro con Giorgia Meloni.

Il vero nodo è il futuro del governatore: Fedriga, popolare, potrebbe ambire a un terzo mandato. FdI lo sa e alza la tensione. La crisi, dunque, non nasce da un ospedale in ritardo ma da una regia nazionale che punta a delegittimare il potere leghista in vista del rinnovo. È la logica dell’assedio politico, travestita da dibattito amministrativo.

Veneto: la partita simbolica della successione a Zaia

Luca Zaia è a fine corsa. Per la Lega perdere il Veneto significherebbe perdere il suo ultimo bastione simbolico. Marcato ha detto: “Il prossimo candidato deve essere della Lega”. Fratelli d’Italia non ci sta. Il senatore meloniano Luca De Carlo ha rivendicato la forza del partito in Veneto e chiesto “di scegliere il nome migliore, non la casacca”.

FdI mira al bottino più grosso. La successione a Zaia è la prova del nove. Non è solo questione di poltrone, ma di geografia politica. Se Meloni conquista il Veneto, la Lega smette di essere forza territoriale e diventa una minoranza di governo. Se lo perde, FdI perde il suo slancio espansivo. Il compromesso sembra impossibile.

Campania: coalizione senza guida

In Campania nessuno riesce a imporsi. Il centrodestra litiga sui candidati. Il nome più quotato è quello di Edmondo Cirielli (FdI), ma Forza Italia reclama un ruolo attivo. Il voto disgiunto complica tutto. Ogni ambizione rischia di diventare un boomerang.

Il caos campano è il paradigma dell’alleanza a tre: nessuno vuole cedere, nessuno ha la forza per imporre una linea, e la litigiosità interna diventa il principale elemento di campagna elettorale.

Una coalizione implosa

Dietro la retorica dell’unità, il centrodestra è un’agenda di competizione interna. Fratelli d’Italia impone la sua linea da partito dominante. La Lega cerca di difendere il suo spazio e i suoi uomini. Forza Italia prova a capitalizzare i litigi. Le Regioni sono diventate un’estensione della guerra di logoramento tra Meloni e Salvini.

Il Parlamento è diventato il riflesso delle tensioni regionali. Le Regioni, un terreno di scontro permanente. Le alleanze si sono trasformate in coabitazioni forzate. La Lega tenta resistenze simboliche sull’autonomia, ma l’egemonia è altrove. Fratelli d’Italia non si accontenta di vincere: vuole governare tutto. Anche dove governa qualcun altro.