“Un decreto Infrastrutture vergognoso. Concentra i poteri e toglie i diritti”. Parla il capogruppo M5S in commissione Trasporti alla Camera, Iaria

“Considerare il Ponte sullo Stretto e la diga di Genova opere militari è anche un modo per aggirare i controlli”

“Un decreto Infrastrutture vergognoso. Concentra i poteri e toglie i diritti”. Parla il capogruppo M5S in commissione Trasporti alla Camera, Iaria

Il decreto Infrastrutture si avvia rapido alla sua approvazione alla Camera blindato dall’ennesimo voto di fiducia. C’è il rinvio del blocco dei diesel Euro 5 che sarebbe scattato ad ottobre e alcune norme che facilitano il ricorso agli appalti del Ponte sullo Stretto. E poi misure sulle spiagge e sui balneari, interventi su strade e ferrovie e il censimento degli autovelox che si pone come obiettivo quello di controllare il territorio evitando l’uso da parte dei comuni per fare cassa. Saltano, grazie alle proteste delle opposizioni, alcune norme molto discusse. La maggioranza ha ritirato l’emendamento che aumentava i pedaggi per finanziare l’Anas, e non è mai arrivato un emendamento che sulle spese della difesa aggirava il controllo della Corte dei Conti. E ancora: è stata cancellata la norma iniziale che alleggeriva i criteri antimafia passando dalla più severa informativa alla comunicazione.

Martedì le opposizioni hanno abbandonato i lavori in Commissione. Prima di entrare nel merito dei contenuti del provvedimento, Antonino Iaria, capogruppo M5S in commissione Trasporti alla Camera, ci dà una valutazione sul metodo, ovvero su come sono stati condotti i lavori da parte di maggioranza e governo?
“Sì, confermo che abbiamo abbandonato i lavori in Commissione come gesto di denuncia politica. Ancora una volta, ci troviamo di fronte a un decreto blindato dal voto di fiducia, strumento ormai abusato da questo governo per zittire il Parlamento. I lavori sono stati gestiti in modo inaccettabile: pochissimo spazio al confronto, emendamenti dell’opposizione respinti in blocco o nemmeno discussi, mentre quelli della maggioranza, anche i più gravi, venivano accolti senza dibattito. È un metodo che svuota il ruolo del Parlamento e mortifica il lavoro dei deputati. Un’imposizione verticistica, indegna di una democrazia matura”.

Con un emendamento della Lega a prima firma Riccardo Molinari, la maggioranza ha inserito la norma che rinvia lo stop ai veicoli Euro 5 di un anno esatto, dal prossimo primo ottobre al primo ottobre del 2026. Che ne pensa?
“La proroga al 2026 dello stop agli Euro 5 diesel è una misura dannosa. È dannosa per diversi motivi. Innanzitutto dimostra che questo problema in tre anni di governo non è stato per niente affrontato, annulla il protocollo padano, ci farà pagare delle infrazioni che arriveranno dall’Europa, e che saranno a carico di tutti i cittadini, e il trend di miglioramento della qualità dell’aria, seppur minimo, finirà. Questo rinvio danneggia l’ambiente, la salute dei cittadini e le amministrazioni locali più virtuose. Le città più inquinate d’Europa sono italiane: qui non si tratta di ideologia, ma di diritto alla salute. E invece il governo sta legiferando come se fossimo nel 2005, non nel 2025”.

Diverse le marce indietro su tanti punti del provvedimento. Partiamo dai pedaggi autostradali su cui le destre hanno provato a fare cassa.
“Anche in questo caso il tentativo è stato chiaro: aumentare il canone a carico dei concessionari autostradali per far cassa e coprire i buchi del finanziamento Anas. Ma il rischio concreto era che questi costi e nuovi pedaggi fossero scaricati sui cittadini, e l’abbiamo scongiurato. Avevano creato una ‘microtassa indiretta’, che colpisce pendolari, famiglie e lavoratori che usano l’auto ogni giorno. E tutto questo mentre le autostrade italiane, in molte tratte, restano insicure e vetuste. Altro che ‘strategia per la mobilità’: questa è solo fiscalità occulta”.

Nulla di fatto infine per l’ipotesi di inserire nel dl anche la norma per velocizzare gli acquisti militari bypassando il controllo preventivo della Corte dei Conti e creando una commissione ad hoc per verificare la regolarità dei contratti.
“Per fortuna quel tentativo è naufragato, ma il solo fatto che abbiano pensato di introdurre nel decreto Infrastrutture una norma per facilitare gli acquisti militari, bypassando i controlli della Corte dei Conti, è un fatto gravissimo. Volevano introdurre una sorta di ‘zona franca’ per gli appalti militari, con una commissione ad hoc e regole parallele. Una vera forzatura, che nulla ha a che vedere con le infrastrutture e che dimostra come il governo usi ogni provvedimento per spingere la sua agenda militarista. Altro che efficienza: qui si voleva cancellare la trasparenza”.

Lei ha dichiarato che il decreto rappresenta “una delle pagine più gravi e vergognose della legislazione recente. Un testo scritto come se il Paese fosse in guerra, che svuota il ruolo delle comunità locali, impoverisce le province e calpesta i diritti dei cittadini più fragili”. Conferma questo giudizio?
“Confermo ogni parola: questo decreto rappresenta una delle pagine più gravi e vergognose della legislazione recente. È un testo scritto con una logica emergenziale e autoritaria, come se il Paese fosse in guerra. Si dà priorità assoluta a opere dichiarate ‘strategiche’ solo per aggirare le regole, si esautorano enti locali e cittadini, si definanziano le Province, si mortificano i lavoratori portuali, si spostano fondi dal sociale al militare. È un provvedimento che concentra poteri, toglie diritti, riduce il controllo democratico. E tutto questo mentre il governo ignora le vere emergenze del Paese: dal dissesto idrogeologico alla crisi abitativa, dal caro vita ai trasporti locali”.

Cosa ne pensa dell’idea governativa di considerare alcune opere, come il Ponte sullo Stretto e la diga di Genova, infrastrutture militari perché rientrino tra le spese Nato?
“Questa proposta è non solo assurda, ma anche profondamente pericolosa. Far passare opere infrastrutturali civili come il Ponte sullo Stretto o la diga foranea di Genova per ‘opere militari’ al fine di farle rientrare tra le spese Nato è un’operazione di maquillage contabile e politico. Ma non è solo una questione di bilancio: è una scorciatoia pensata per derogare ai vincoli ambientali, aggirare la Valutazione Ambientale Strategica (Vas), la Valutazione di Impatto Ambientale (Via) e persino le regole del nuovo Codice degli Appalti. È l’ennesimo tentativo del governo Meloni di costruire un Paese a ‘procedure semplificate per pochi’, dove si cancellano le tutele ambientali e democratiche in nome di una presunta emergenza permanente. Una deriva che tradisce le comunità locali, svuota i poteri degli enti territoriali e indebolisce i controlli pubblici proprio là dove si stanno spendendo miliardi. Il fine è uno solo: costruire senza ostacoli, senza trasparenza e senza dover rispondere a nessuno”.