L'Editoriale

Lo Stato come un palco

L’unica cosa che funziona davvero è la macchina elettorale: così lo Stato diventa un palco tra promesse e candidati fantasma.

Lo Stato come un palco

C’è chi vola nei sondaggi e chi in elicottero. Giorgia Meloni ha scelto il secondo mezzo per atterrare ad Ancona e inaugurare la sua personale tournée elettorale, mascherata da “conferenza istituzionale“. Obiettivo: sostenere Francesco Acquaroli, in affanno nei consensi. Regalo di giornata: l’estensione della Zes (Zona economica speciale) unica a Marche e Umbria. Sul palco, tra i dolci tunisini portati in dono e i falsi affreschi da fiera paesana, va in scena l’ennesimo episodio di propaganda camuffata da governo. Nessuno si nasconde, nemmeno Salvini, che da uno schermo invita apertamente a votare il governatore uscente.

Il copione è noto: si annuncia un decreto, si allestiscono passerelle, si dispensano promesse, si usano gli strumenti dello Stato come fondale per un comizio. Intanto Tajani sbaglia i numeri sull’industria marchigiana e Meloni si fa anticipare dal suo stesso alleato sull’annuncio clou. L’unità, evocata a parole, si sbriciola nei dettagli. Mentre i cittadini arrancano tra inflazione e sanità in macerie, la maggioranza si divide su nomi, poltrone e sgambetti interni. E intanto fa finta di governare. Nessuna sintesi, nessuna visione: solo scena.

A pochi chilometri da lì, i territori colpiti da sisma e alluvioni aspettano ancora risposte vere. Ma il palco è già stato smontato, l’elicottero è ripartito, e la recita si sposta altrove. L’unica cosa che funziona davvero è la macchina elettorale, alimentata a carburante pubblico e tenuta insieme da una finzione permanente di efficienza.