Sbalzi di temperature estivi dell’economia italiana: spiagge roventi, fabbriche gelate

Estate 2025: capannoni a singhiozzo. Tra Cigs, ordini deboli e salari fermi ecco la fotografia reale del lavoro italiano.

Sbalzi di temperature estivi dell’economia italiana: spiagge roventi, fabbriche gelate

La fotografia scattata a fine luglio è limpida: l’economia italiana ha preso freddo proprio in piena estate. Nel secondo trimestre il Pil è sceso dello 0,1% sul trimestre precedente, con una crescita annua che rallenta allo 0,4%. La variazione acquisita per l’anno è appena +0,5%: numeri che non reggono la retorica dell’ottimismo e che indicano domanda interna in affanno e contributo estero negativo.

Gli indicatori: produzione, servizi e ordini

Giugno ha offerto un rimbalzo minimo della produzione industriale: +0,2% congiunturale, ma ancora –0,9% tendenziale. Il segnale vero è un altro: ad aprile si era interrotta una scia di ventisei mesi di cali su base annua, senza che questo si sia tradotto in una ripartenza solida. Siamo in una fase di limbo, con cicli di commesse intermittenti e impianti che lavorano a singhiozzo.

Nei questionari alle imprese, il manifatturiero resta sotto la soglia-50: a luglio l’HCOB PMI è salito a 49,8, «un soffio» dalla stabilità, mentre i servizi tengono a 52,3. Il composito tocca 51,5, il massimo da maggio, ma gli ordini esteri nei servizi sono in calo da dodici mesi e l’industria continua a segnalare tagli prudenziali alla produzione. Il messaggio è coerente con i conti nazionali: un’economia sospesa, sostenuta soprattutto dal mercato domestico. 

Se si guarda ai decreti su cassa e solidarietà, l’estate è stata un rosario di emergenze. Nel secondo trimestre sono state autorizzate 73,2 milioni di ore di Cassa Integrazione Ordinaria (–20% sul trimestre precedente, ma su livelli ancora elevati), mentre il primo trimestre aveva già segnato 176,5 milioni di ore complessive. Al quadro produttivo si aggiunge l’effetto-clima: l’Inps ha ricordato alle imprese la possibilità di richiedere integrazioni per sospensioni dovute a caldo eccessivo, un’ulteriore variabile di fragilità. 

Le crisi aziendali non sono episodi isolati, ma tasselli di una mappa nazionale che attraversa automotive, elettrodomestico, chimica, moda e logistica. In controluce anche le parole della Cgil: «persistente calo della produzione» e «crisi strutturale dell’industria», con la richiesta di una politica industriale vera, investimenti in innovazione e formazione. 

Ammortizzatori e casi aziendali: l’estate gelida sul campo

Sul versante internazionale, da agosto gli Stati Uniti hanno introdotto un dazio generalizzato del 15% su un’ampia gamma di importazioni, includendo l’Unione europea dopo settimane di minacce su aliquote più alte. Per un Paese manifatturiero e terzista come l’Italia l’impatto non è neutro: l’Istat ha già segnalato un contributo negativo del commercio estero alla crescita. 

Il mercato del lavoro regge ma cambia pelle. A giugno il tasso di disoccupazione è sceso al 6,3% (giovanile al 20,1%), con 16mila occupati in più sul mese. Crescono i dipendenti stabili e gli autonomi, calano gli occupati a termine: un riequilibrio che incrocia la frenata delle filiere cicliche e il maggiore ricorso agli ammortizzatori. La tenuta statistica non cancella il rischio di una normalizzazione al ribasso di ore lavorate e salari reali, specie nei territori più esposti alla crisi industriale.

Il punto, allora, è la direzione. Senza una cornice anti-ciclica che alzi i salari contrattuali, spinga gli investimenti produttivi e acceleri la riqualificazione nei settori a transizione difficile, il Paese continuerà a galleggiare tra rimbalzi tecnici e nuovi stop. Le imprese chiedono certezze su volumi e costi dell’energia; i sindacati una rotta che tenga insieme produttività e qualità del lavoro. In mezzo c’è l’estate italiana del 2025: tiepida nelle spiagge, fredda nelle fabbriche.