Israele non si ferma e colpisce l’ospedale al Nasser a Gaza causando una strage di civili e giornalisti

L’Idf colpisce l’ospedale al Nasser a Gaza e fa strage di civili e giornalisti. Ira della comunità internazionale

Israele non si ferma e colpisce l’ospedale al Nasser a Gaza causando una strage di civili e giornalisti

Nella Striscia di Gaza, con l’occupazione militare da parte di Israele, non c’è pace. Almeno venti persone sono morte e decine sono rimaste ferite in seguito a un raid israeliano che ha colpito l’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia. Tra le vittime figurano anche cinque giornalisti, impegnati a documentare la situazione umanitaria sul campo.

Una tragedia che ha sollevato dure condanne a livello internazionale e nuove accuse contro Israele, già nel mirino per le operazioni militari volute da Benjamin Netanyahu e che da mesi provocano un numero crescente di morti tra la popolazione civile.

Ennesima barbarie a Gaza

Secondo fonti ospedaliere, il bilancio provvisorio è di venti vittime, tra cui personale sanitario, pazienti, membri della protezione civile e reporter. Le esplosioni hanno generato panico all’interno della struttura, interrompendo interventi chirurgici in corso e costringendo medici e pazienti alla fuga. “Stavamo lavorando in condizioni già drammatiche, con gravi carenze di farmaci e attrezzature, quando è arrivato questo massiccio attacco”, ha raccontato un medico del Nasser, spiegando che al momento del bombardamento erano presenti studenti di medicina, operatori sanitari e giornalisti.

Tra i reporter uccisi ci sono Hossam al-Masri, fotoreporter per Reuters, Moaz Abu Taha, corrispondente di NBC, Mohammed Salama di Al Jazeera e Mariam Abu Daqa, collaboratrice di Independent Arabic e Associated Press. Le loro morti hanno suscitato indignazione nella comunità internazionale, che denuncia una crescente strategia di intimidazione contro chi cerca di raccontare la guerra. L’Associazione Giornalisti del Mediterraneo ha parlato di “flagrante violazione del diritto internazionale” e di “attentato diretto alla libertà di informazione”, chiedendo un cessate il fuoco immediato e garanzie concrete per la sicurezza degli operatori dell’informazione.

Dal canto suo l’esercito israeliano (Idf) ha confermato di aver condotto un’operazione nell’area dell’ospedale e ha espresso “rammarico per i danni causati a persone non coinvolte”, sottolineando di non aver preso di mira i giornalisti. Il Capo di Stato Maggiore di Israele, Eyal Zamir, ha ordinato l’apertura di un’indagine preliminare per chiarire cosa sia successo e le eventuali responsabilità. Parole che però non hanno placato le polemiche: diverse organizzazioni internazionali ritengono che le scuse non bastino e accusano Israele di trasformare i luoghi civili – ospedali, scuole, campi profughi – in teatri di guerra.

Europa complice

Sul piano diplomatico, il raid è arrivato mentre a Gedda si riunivano i ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, che hanno denunciato “crimini di genocidio, fame e sfollamenti” a Gaza. Anche in Europa si levano voci critiche.

Tra i più critici c’è Josep Borrell, ex alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, che ha accusato le istituzioni comunitarie di “inerzia complice” e ha invitato a un’azione giudiziaria contro l’inazione dell’Ue, parlando senza mezzi termini di “carneficina inaccettabile”. Un appello che, però, è rimasto inascoltato con i leader europei che non sono andati oltre le blande proteste per quello che definiscono “un possibile crimine di guerra”.