Il governo va avanti col Ponte sullo Stretto di Messina, ma secondo me sarà un altro salasso delle già disastrate casse pubbliche.
Ivana Parri
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Gentile lettrice, il suo buon senso è ampiamente condiviso. Perfino il Corriere della sera, che ci pensa dieci volte prima di pendere in mano la penna su temi scomodi e poi in genere si taglia la mano, scrive che i transiti annuali previsti per il ponte sullo Stretto (31 milioni) sono “10 volte superiori ai transiti di oggi”, e pertanto “il traffico su gomma dovrebbe decuplicare fin dal primo anno per rendere il progetto sostenibile in 30 anni”. Un miracolo tipo moltiplicazione dei pani e dei pesci! Se poi si compara il traffico ipotizzato sullo Stretto a quello reale del tunnel sotto la Manica, si vede che “nella Manica i transiti sono poco più di 2 milioni l’anno”, pur avvenendo tra due Paesi di circa 70 milioni d’abitanti, nonché tra Londra e Parigi, le più vaste megalopoli d’Europa. “Come può il traffico tra la Sicilia (4,8 milioni di abitanti) e l’Italia superare di dieci volte quello fra Francia e Uk?” si chiede il Corriere. Dopodiché confronta i costi di opere simili all’estero, attualizzati all’inflazione: “Ponte di Pelješac (Croazia, 2022), 420 milioni di euro. Ponte di Canakkale (Turchia, 2023), 2,7 miliardi di euro. Ponte Kobe-Awaji (Giappone, 1998), 3,5 miliardi di euro. Ponte Yavuz Sultan Selim (Turchia, 2016), 2,3 miliardi di euro. Ponte sullo Stretto, 13,5 miliardi di euro”. E infine si chiede: “È vero che il progetto italiano è un po’ più lungo di quasi tutti e con più corsie, ma perché costa già da quattro a trentadue volte più degli altri?”