Missione Salute Pnrr, speso solo il 34% dei fondi: allarme a nove mesi dalla scadenza

Missione Salute al palo: speso solo il 34% dei fondi Pnrr, completati un terzo dei progetti. Case e ospedali di comunità in ritardo.

Missione Salute Pnrr, speso solo il 34% dei fondi: allarme a nove mesi dalla scadenza

Nove mesi alla fine del Pnrr e la Missione 6 dedicata alla sanità resta bloccata. I numeri, elaborati dalla Cgil sui dati ufficiali ReGiS del Mef aggiornati al 30 giugno 2025, parlano chiaro: su 19,3 miliardi complessivi ne sono stati spesi 6,6, il 34,4%. I progetti completati sono 3.863, il 38,2% del totale. Nonostante gli annunci, i cantieri arrancano e la riforma dell’assistenza territoriale, cardine del Piano, rischia di rimanere incompiuta.

Pnrr, case e ospedali di comunità in ritardo

Le criticità più gravi riguardano le strutture simbolo della riorganizzazione territoriale. Le Case della Comunità, finanziate con 2,8 miliardi, hanno assorbito pagamenti per appena 486 milioni: il 17,1% delle risorse. A oggi ne risultano completate 50 su 1.415, appena il 3,5%. A dicembre 2024 la spesa era al 9,2%, salita al 12,4% a marzo: il ritmo è troppo lento, serviranno almeno cinque anni per terminare i lavori.

Situazione simile per gli Ospedali di Comunità: su 428 progetti finanziati per 1,3 miliardi di euro, le strutture completate sono 14, pari al 3,3%. I pagamenti si fermano a 190 milioni, il 15,1% dei fondi disponibili. Nel Molise la spesa è ferma all’1,7%, in Sardegna al 6,2%, in Calabria all’1,2%. Solo la Valle d’Aosta, con l’80,9%, e la Provincia di Bolzano superano la metà dei finanziamenti. In quasi tutte le altre regioni i lavori restano indietro, con intere aree prive di nuove strutture a fronte di un fabbisogno crescente.

Fondi, personale e rischio fallimento

A preoccupare è anche il personale. Il DM 77 del 2022 ha definito standard precisi per rendere operative le nuove strutture: servono almeno 35 mila nuove unità tra infermieri, operatori sociosanitari e assistenti sociali, senza contare i medici. Secondo le elaborazioni della Cgil, con 1.415 Case e 428 Ospedali di Comunità serviranno tra 12 e 19 mila infermieri e fino a 14 mila operatori sociosanitari. Eppure, a oggi, non risulta alcuna intesa tra Ministero della Salute ed Economia per garantire le coperture economiche necessarie.

Il quadro non migliora guardando agli altri investimenti della Missione. L’ammodernamento tecnologico e digitale registra un completamento del 40,7%, la telemedicina si ferma al 37,5%, la ricerca biomedica all’11,4%. Lo sviluppo delle competenze professionali del personale è quasi inesistente: appena il 2,1% della spesa effettuata. Gli stessi dati dimostrano che, rispetto a dicembre 2024, i progressi sono minimi: 19,5% dei fondi spesi allora, 21,3% a marzo, 34,4% oggi. Una crescita che non basta a colmare i ritardi.

La segretaria confederale della Cgil, Daniela Barbaresi, ha definito «vergognosa» la situazione, denunciando un rischio concreto di perdita delle risorse europee e accusando il governo Meloni di «boicottare nei fatti la riforma per incentivare il mercato privato della salute». «Siamo all’ultima chiamata», ha aggiunto, chiedendo uno scatto straordinario per difendere il Servizio sanitario nazionale.

Dietro i numeri si misura l’impatto sulla vita delle persone: la mancata apertura delle Case della Comunità significa rinunciare a strutture pensate per ridurre le liste d’attesa, garantire la presa in carico e alleggerire i pronto soccorso. Gli Ospedali di Comunità avrebbero dovuto offrire cure intermedie e continuità assistenziale, evitando ricoveri inappropriati e degenze più lunghe del necessario. La loro assenza lascia i cittadini soli di fronte a un sistema che non riesce a rispondere ai bisogni.

In questo scenario, la propaganda di governo e regioni che parlano di obiettivi raggiunti viene smentita dai dati ufficiali. Restano cantieri fermi, spese insufficienti e nessuna programmazione sul personale. Con appena un terzo delle opere realizzate e due terzi ancora da completare, la Missione Salute rischia di diventare il simbolo di un’occasione storica sprecata.