L'Editoriale

Il bivio del centrosinistra passa da Gaza: chi tace tradisce i diritti

Il bivio del centrosinistra passa da Gaza: chi tace tradisce i diritti

Gaza è la linea di frattura che decide il destino del centrosinistra. Qui crolla la comfort zone delle formule prudenti: o si riconosce che a Gaza è in corso un genocidio, con deportazioni e un disegno criminale che travolge il diritto internazionale oppure si rinuncia alla pretesa di rappresentare i diritti.
Le ultime uscite di Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno reso evidente il bivio. Il primo insiste sulla “difesa di Israele” e sulla lotta all’antisemitismo eppure scansa la parola che pesa come un macigno. Il secondo ripete la liturgia del “due popoli, due Stati” e del cessate il fuoco, mentre evita di chiamare per nome la distruzione sistematica di un popolo.
Nel Partito Democratico, la segretaria spinge per sanzioni e riconoscimento della Palestina ma intanto a Roma il gruppo consiliare si impantana su una mozione simbolica e fotografa la vertigine tra principi e convenienze. Il risultato è un messaggio ambiguo: si condanna, ci si commuove, si rinvia. La realtà non rinvia nessuno.
Qui la questione è il primo diritto, quello alla vita. Non serve sfoggiare numerologia di piani industriali o ricette fiscali. Serve stabilire se un alleato possibile sia disposto a dire “genocidio” guardando la strage e la deportazione, senza contorsioni lessicali. Se manca questo, ogni promessa sui salari, sulla sanità, sull’ambiente resta una scenografia.
La coalizione che ambisce a governare deve scegliere adesso oggi. Questo non è un tema identitario per militanti. È prova di credibilità davanti all’elettorato che chiede coerenza con i valori proclamati. Un campo largo che scivola sul nome delle cose è un campo fragile, pronto a rompersi alla prima emergenza.
Gaza è il varco della storia. Dire che lì si consuma un genocidio non è un vezzo radicale: è il minimo etico. Chi pensa di aggirare questo passaggio costruendo alleanze tecniche prepara un palazzo senza fondamenta. La politica che difende i diritti comincia dalla difesa della vita. Il resto viene dopo.
Chi teme la chiarezza ricordi che l’ambiguità non salva voti: li disperde. La leadership si misura quando si decide. Qui e ora: chiamare le cose con il loro nome e costruire alleanze di conseguenza. Il resto è rumore.