Il governo non fa nulla, ma chiede alle aziende di aumentare gli stipendi. Mentre la maggioranza in Parlamento continua ad affossare il salario minimo. Un controsenso, ma non per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che invita i datori di lavoro a intervenire laddove il governo ha deciso di non farlo.
“Per quanto riguarda i salari, nel pubblico impiego abbiamo recuperato contratti che erano fermi. Stiamo rinegoziando in questo momento i contratti per stare al passo. L’invito che mi sento di fare è che le parti datoriali private facciano anch’esse la loro parte e riconoscano ai lavoratori aumenti stipendiali”, afferma il ministro.
La contraddizione di Giorgetti: no al salario minimo, ma le aziende devono aumentare gli stipendi
Da Giorgetti sembra anche arrivare un’ammissione indiretta: la contrattazione collettiva non funziona poi così bene, se non si riescono a trovare gli accordi per i rinnovi. Peccato che proprio il governo da due anni boicotta il salario minimo sostenendo che è più che sufficiente proprio la contrattazione collettiva.
Il ministro dell’Economia è intervenuto in Aula al Senato sulla risoluzione sul Dpfp: “Solo per quanto riguarda il pubblico impiego abbiamo recuperato dei contratti che erano in arretrato pazzesco e in questo momento stiamo rinegoziando i contratti per stare al passo”, afferma. Eppure la linea delle destre in tema di stipendi è ben diversa, se pensiamo che solo poche ore prima è stata approvata la delega al governo per il salario minimo dal Senato. Un testo che di fatto affossa il salario minimo, stravolgendo la proposta delle opposizioni e trasformandola in una delega al governo.
La delega non prevede più la soglia oraria minima dei 9 euro l’ora, ma semplicemente chiede al governo di definire entro sei mesi i contratti nazionali di lavoro maggiormente applicati per ogni categoria. Nessun salario minimo, quindi. Ma intanto Giorgetti chiede alle aziende di aumentare gli stipendi. Senza prendersi alcuna responsabilità.