La crisi degli stipendi italiani sta, ancora una volta, tutta nei numeri. In Italia la busta paga non riesce a star dietro al costo della vita e la colpa, però, è anche delle aziende. Perché, secondo quanto emerge dall’analisi dell’Area studi di Mediobanca dal titolo “Dati cumulativi”, le imprese avrebbero potuto fare di più.
Andando a guardare il rapporto tra stipendi e inflazione, negli ultimi anni l’erosione del potere d’acquisto è stata evidente ma poteva essere ridotta. Perché, in effetti, le aziende avevano le risorse per aumentare gli stipendi, con ricavi nettamente in crescita. Eppure non lo hanno fatto. Così le busta paga in Italia restano ben al di sotto degli altri Paesi europei, dove il potere d’acquisto è stato eroso in maniera minore.
Busta paga più bassa, in Italia i salari reali sono fermi e la colpa è anche delle aziende
Prendiamo i salari reali italiani. L’Ocse ha evidenziato di recente che nel primo trimestre di quest’anno sono più bassi del 7,5% rispetto al primo trimestre del 2021. Un crollo netto in soli quattro anni. Ma che non può essere spiegata solo dalla bassa produttività, come spesso – semplicisticamente – si cerca di fare.
L’analisi di Mediobanca evidenzia che nel decennio 2015-2024 la produttività nominale del lavoro è cresciuta in maniera superiore rispetto “a quella del costo del lavoro in molti comparti, con l’eccezione del terziario”. L’inflazione cumulativa in questo periodo è stata del 19,7%, mentre la perdita media dei salari è stata del 2,8%. Ma se prendiamo solamente i dati dal 2021 a oggi, il calo è stato addirittura del 5,8%.
Secondo Mediobanca, inoltre, le imprese potevano “redistribuire una parte del valore generato sostenendo l’incremento del costo del lavoro e il potere d’acquisto delle retribuzioni senza compromettere la remunerazione degli stakeholder e dello stesso azionista”.
Un aumento di circa 4.000 euro pro-capite, per le aziende analizzate, “avrebbe riportato il costo del lavoro reale al livello pre-inflazione”. Assorbendo soltanto “il 38% del valore generato”. Le imprese pubbliche, spiega ancora Piazzetta Cuccia, avrebbero “sacrificato solo il 22% del valore prodotto”, mentre quelle private “lo avrebbero visto ridursi del 65%”.
Insomma, le aziende potevano aumentare gli stipendi. E forse anche da qui arriva l’appello alle imprese del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Che, però, preferisce scaricare ogni responsabilità sulle imprese invece di aiutare questi processi con l’intervento del governo, per esempio introducendo il salario minimo.